Tagli Aiuti Alimentari UE. Delmelle (FEBA): oggi si decide la sorte di 18 milioni di poveri
Oggi (lunedì 14 novembre, Ndr) i ministri dell’Unione europea si troveranno per decidere il futuro del Pe (Pead è acronimo francese, la stampa estera lo chiama in inglese Food for Free), il fondo che negli ultimi anni ha permesso a 18 milioni di poveri in Europa di avere un sostegno alimentare. La Commissione Agricoltura dell’Ue a partire dal 2009 ha integrato questo fondo sino ad arrivare a 480 milioni di euro per sfamare le famiglie più povere. Tra i vari Stati che ne beneficiano c’è anche l’Italia, grazie all’impegno messo in campo dalla Fondazione Banco Alimentare Onus. In aprile però la Corte di Giustizia Europea si è pronunciata contro l’integrazione proposta dalla Commissione Agricoltura riducendo così dell’80% i fondi Pead. Dal 2012 quindi, a meno di un colpo di scena, i finanziamenti saranno ridotti a 113 milioni di euro. La Commissione Europea potrebbe appellarsi contro la decisione della Corte, ma sei Stati si oppongono: Germania, Gran Bretagna, Danimarca, Paesi Bassi, Repubblica Ceca e Svezia. Ilsussidiario.net ha intervistato Jean Delmelle, presidente FEBA (Federazione Europea Banchi Alimentari), per chiedergli che cosa è in gioco con il voto di oggi.
Che cosa ne pensa della sentenza della Corte Ue che ha tagliato i fondi Pead?
La decisione presa dalla Corte di Giustizia Europea il 30 aprile di quest’anno è realmente una catastrofe per le persone povere. Il programma che aiuta 18 milioni di persone in Europa sotto la soglia di povertà è stato drasticamente ridotto e questo significa che ci sarà l’80% dei fondi in meno destinati a questo scopo. Sono molti i Paesi dove i poveri mangiano quello che ricevono dai Banchi Alimentari, mentre le altre organizzazioni o gli Stati non forniscono loro quasi nulla.
Sei Stati si oppongono a una revisione della decisione della Corte. Quali sono i loro motivi?
La Germania guida il gruppo dei sei Paesi favorevoli al taglio dei finanziamenti, e insieme alla Svezia aveva presentato il ricorso che ha portato alla sentenza della Corte di Giustizia dello scorso aprile. Quando ho cercato di scoprire perché la Germania fosse così categoricamente contraria al Pead, mi sono imbattuto nel fatto che anche tra i tedeschi ci sono numerosi poveri. L’unica spiegazione quindi è che per Berlino si tratta di una questione di principio. Dal suo punto di vista il Pead è un programma sociale, e i problemi sociali, così come quelli fiscali, sono una responsabilità degli Stati membri. Mi sono recato in Germania, per parlare con il Banco Alimentare tedesco e con i Tafel, un’organizzazione dalle grandi dimensioni che distribuisce cibo, ed entrambe mi hanno raccontato che vorrebbero poter beneficiare del Pead, ma il loro governo non vuole nemmeno ascoltarli. Questo è un fatto molto grave. La Germania infatti non beneficia del programma, e questo significa che le organizzazioni non profit devono sforzarsi di aiutare le persone povere solo grazie al cibo donato dalle grandi aziende, dai supermercati e da privati.
Ritiene possibile che i sei Paesi guidati dalla Germania ci ripensino?
Ho qualche speranza che i Paesi Bassi, uno dei sei Stati, possano cambiare idea, in quanto il Parlamento di Amsterdam ha discusso l’ipotesi di prorogare i fondi del Pead al 2012 e al 2013. E la proposta della Commissione Ue è appunto quella di limitare gli aiuti al prossimo biennio a venire. Ma nello stesso tempo non sono ottimista, perché il governo olandese non avrebbe intenzione di cambiare la sua posizione. La Repubblica Ceca inoltre è un caso singolare, perché è contraria al finanziamento del Pead, di cui però beneficia: è una posizione abbastanza contraddittoria, perché ricevendo il cibo legato al programma Ue, dovrebbero accettarne anche i principi ma questo le è impossibile in quanto molto legata alla Germania nelle sue attività industriali.
Quali saranno le conseguenze per i poveri in Europa se i finanziamenti al Pead dovessero essere ridotti?
Il programma europeo ammontava a 480 milioni di euro l’anno e sarà ridotto a 113 milioni: è un taglio pari all’80%. Significa che ci sono diversi milioni di cittadini europei che oggi possono beneficiare del Pead, e dal 2012 ne saranno esclusi.
In un momento in cui l’Ue sta tentando di fare ripartire l’economia dei Paesi membri, il Pead può essere considerato un elemento di stabilità sociale e quindi anche economica?
Il programma sta certamente favorendo la stabilità e la pace in Europa. E’ difficile infatti immaginare che cosa accadrà, quando alcuni milioni di persone povere da un giorno all’altro non riceveranno più il cibo che era erogato loro da diversi anni. Se quindi i tagli non saranno messi in discussione, sono convinto che molti europarlamentari protesteranno, facendosi sentire di fronte alla Consiglio dei Ministri Europei. Soprattutto in un momento di crisi economica e finanziaria, è impossibile riuscire a gestire una massa aggiuntiva di persone povere in cerca di cibo. Se nulla cambia quindi, il taglio al programma Ue sarà un fattore di grave instabilità.
Quali soluzioni intravede?
Se il programma sarà ridotto, i Banchi Alimentari Europei dovranno trovare altri modi per cercare di compensare, in modo totale o parziale, il deficit provocato dalla decisione della Corte di Giustizia Europea. Se inoltre non cambierà nulla, alcuni Stati probabilmente prenderanno la decisione di compensare le differenze tra gli aiuti ricevuti finora e quelli stanziati dal 2012. Due giorni fa il ministro all’Agricoltura del Belgio ha dichiarato che se nulla cambierà, il suo governo compenserà le perdite. Questo può essere un motivo di soddisfazione per i cittadini belgi. Ma temo che in molti altri Paesi, più in difficoltà dal punto di vista economico, nuove fasce della popolazione cadranno nella povertà e non potranno permettersi un’alimentazione adeguata.
A quali Paesi si riferisce?
Potrei parlare dell’Italia per esempio. Per non citare Paesi decisamente più poveri, come Polonia, Romania e Ungheria. I loro governi saranno in grado di compensare le perdite? Francamente sono molto scettico. Francia e Spagna potrebbero invece decidere di intervenire con fondi propri come il Belgio. Ma questo sarebbe un grave pericolo per la solidarietà sociale a livello europeo.
In che senso?
Non sarebbe una soluzione corretta, perché se alcuni Paesi, presi singolarmente, possono essere in grado di trovare i fondi, per altri potrà risultare estremamente difficile. Come farà per esempio il governo italiano a stanziare la somma necessaria, pari a circa 100 milioni di euro, con le difficoltà che sta attraversando in questo periodo? Se anche ci riuscisse, gli indigenti di Romania e Ungheria non potranno più ricevere gli stessi aiuti. L’Europa dovrà quindi rinunciare alla solidarietà, e questa è una questione di principio esattamente come quella posta dai sei Paesi che si oppongono al Pead.
Quale messaggio in particolare intende rivolgere all’Italia?
Desidero sottolineare che la Fondazione Banco Alimentare in Italia sta svolgendo un lavoro fantastico. Sta infatti tentando di parlare ai ministri competenti e ai rappresentanti italiani al Parlamento Ue, di entrambi gli schieramenti. Desidero quindi esprimere quanto sono orgoglioso, in quanto presidente della Federazione Europea dei Banchi Alimentari, del fatto che l’Italia sia così attiva. E’ infatti un esempio di buona gestione, per l’aiuto che garantisce alle persone povere attraverso il Banco alimentare.