Andrea Giussani: se la povertà riguarda ognuno di noi

 

Il grave calo dei consumi alimentari, evidenziato dalle odierne notizie non appare più un mero dato statistico, una forma sociologica di guardare all’Italia quotidiana. Ieri, i dati parlavano “di altri", descrivevano eccezioni e marginalità, non il qui e ora, non la persona della casa accanto. La povertà "a rischio alimentare" è diventata vicinanza visibile. 4 milioni di persone (fonte Agea) richiedono aiuto alimentare, un milione in più che nel 2010. Se conto trenta amici - avrò ben trenta amici! - due di loro potrebbero non avere un pasto disponibile domani.

Questa dinamica guida anche i trend del mercato alimentare, il successo dei discount rispetto alla crisi degli altri canali di distribuzione, impegnati nel difficile equilibrio tra la tenuta del prezzo e l’incentivo agli acquisti.

La povertà alimentare mi suggerisce quattro spunti.

Uno. E’ evidente come la vita sia pervasa inevitabilmente dalla Carità. Il gesto caritatevole non è più un piccolo eroismo, uno spazio ritagliato nel privato, un atto speciale nel vissuto personale e nel giudizio pubblico. Oggi è la normale richiesta della realtà, è il metodo della vita, operosità privata o organizzata, immersa quotidianamente nelle nostre occupazioni "istituzionali" di impiegati, genitori, commercianti, pensionati. Come volontario della Fondazione Banco Alimentare, vedo la diffusione di questa modalità con cui moltissimi stanno di fronte alla vita di ogni giorno. Non solo tra i 1.700 volontari continuativi della Rete BA che quotidianamente raccolgono e distribuiscono eccedenze alimentari ma anche nelle migliaia di operatori delle oltre 15.000 Strutture Caritative italiane e nelle persone comuni, non "volontari per scelta".

Due: questa non è una siccità, una carestia, un disastro ambientale; il cibo c’è ma viene sprecato a tonnellate. Una grande parte sarebbe facilmente recuperabile per alimentazione umana di chi non ne ha.

Anche il Papa sottolinea una preoccupazione quotidiana: “il consumismo ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale talvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben al di là dei meri parametri economici. Ricordiamo bene che il cibo che si butta via è come se fosse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame”.

Tre: la pressione del bisogno induce ad azioni generose ma frammentarie di "Food Security" (procurare cibo adeguato per tutti) che però travolgono elementi cardine di "Food Safety" (la sicurezza e l'igiene alimentare). Per questo il Banco Alimentare non arretra mai dal rispetto verso la persona bisognosa attraverso la qualità della risposta, attraverso alimenti sicuri, per tutti.

Quattro. gli interventi pubblici su questo tipo di bisogno non possono avere i tempi dei vecchi piani sociali, anni di progettazione ed attuazione ma passi assimilabili alle emergenze ambientali. Dopo la fine del PEAD (programma di aiuti UE per la sola povertà alimentare), dichiarata nella primavera 2011, attuata a fine 2013, è ancora incerta l’approvazione del FEAD (aiuti sociali ben più limitati e per tutte le povertà), affidata al voto dei budget europei 2013/20. In Italia, le normative di sostegno alla povertà ripartono da zero, afflitte dalla instabilità delle istituzioni, rendendo così occasionali le risposte, vanificando mesi di lavoro, risorse umane (in gran parte di volontariato) ed economiche (la generosità del popolo). E’ necessario passare immediatamente da decisioni di medio/lungo a quelle di breve.

Fonte: Ilsussidiario.net