CEI. Cardinal Bagnasco, prolusione presentata al Consiglio Permanente


"Importante documento del Cardinale Bagnasco. In questo momento di difficoltà le parole del presidente della CEI ci sono di incoraggiamento e ci danno speranza. In particolare lo ringraziamo per averci citato insieme ad altre significative testimonianze di carità che operano nel nostro paese." Queste le parole del direttore generale Marco Lucchini dopo la presentazione della prolusione al Comitato Permanente della Conferenza Episcopale Italiana.

Di seguito il passaggio riguardante le associazioni, enti e fondazioni che, come la nostra, aiutano a sostenere la rete nazionale dei servizi di assistenza ai bisognosi attraverso le strutture caritative presenti sul territorio.

[...] È noto, a noi che viviamo sul territorio, come la crisi in atto stia determinando, a livello di servizi sociali, un’autentica rivoluzione copernicana. Non potendo più far perno infatti sul trasferimento delle risorse dallo Stato centrale agli enti locali, essa deve reinventarsi, puntando su un’alleanza organica tra il cosiddetto privato sociale, le imprese e gli enti locali. Dovrà trattarsi però di un’iniziativa aperta e pubblica, anzi, detto ancor meglio, di un’iniziativa comunitaria nel segno della sussidiarietà, distribuita sul territorio e facente leva sulla comunità locale.
 
Come non cogliere che vi è una leggera contraddizione allorché si parla, per queste situazioni, di privato-sociale? Ma al di là dei nominalismi, è di ogni evidenza l’assidua, capillare presenza responsabile della componente ecclesiale. Una recente mappatura parla di quattrocentoventimila operatori attivi in oltre quattordicimila servizi sociali e sanitari di ispirazione cristiana operanti con continuità e stabilità organizzativa sul territorio del Paese (cfr Rilevazione delle opere sanitarie e sociali ecclesiali in Italia, promossa dalla Consulta ecclesiale nazionale degli organismi socio-assistenziali, da Caritas Italiana e dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della sanità). Il 62,3% di questi centri svolge attività socio-sanitaria e sociale non residenziale, mentre il 31,2% attua forme di assistenza residenziale. Oltre il 27,5% di questi servizi è promosso da parrocchie, il 19% da realtà diocesane, il 18,1% da associazioni di fedeli, il 13,1% da istituti di vita consacrata o società di vita apostolica.
 
Nonostante il taglio di due terzi delle risorse nazionali verificatosi nell’arco degli ultimi tre anni, se il sistema non è collassato è appunto perché è in atto una ritessitura che mette in rete tutte le buone risorse per offrire risposte non episodiche né casuali, ma organiche e continuative. La tipologia di questi servizi è abbastanza varia: c’è la formula delle Tavole amiche, ossia le mense gratuite, i centri di ascolto con annessi sportelli per viveri, vestiario e pernottamenti; c’è la formula collaudata dal Banco alimentare e va diffondendosi quella del Banco farmaceutico, con esperienze di punti di riferimento a disposizione dei senza dimora che abbiano bisogno di prestazioni mediche urgenti o comunque interventi di tipo gratuito e volontario.
 
Ci sono le molteplici iniziative basate sul micro-credito per prestiti emergenziali che raccordano le improrogabili esigenze delle famiglie con la mancanza di lavoro; gli sportelli per l’emergenza casa, con offerte che sopperiscano la cronica mancanza di abitazioni; i fondi anti-usura nonché forme di “adozioni” temporanee rivolte a nuclei in difficoltà. Nel frattempo, sta entrando a regime lo strumento del “Prestito della speranza” per soccorrere famiglie all’ultimo stadio di autonomia, per aiutarle a traghettarsi fuori dall’emergenza. Senza peraltro che si smetta quell’aiuto immediato e informale, rivolto a quanti bussano alla porta di una canonica o di un istituto religioso o di un’abitazione normale. Insomma, un fiorire di iniziative, anche non codificate o registrate, che fanno dunque lievitare i numeri prima citati. Il criterio è quello classico dell’ascoltare, osservare e discernere che sta guidando la nostra Caritas nei suoi primi, onoratissimi quarant’anni di vita, e che da essa si espandono, in una logica di positivo contagio quanto a tipologia di attenzione e metodologia di approccio. Questa rapida rappresentazione la offro, cari Confratelli, unicamente perché – come in famiglia – possiamo rendere grazie al Signore che sprigiona il meglio dei cuori. I bisogni sono grandi, ma anche la generosità del nostro popolo è grande.

Ovvio che per sopperire ai mezzi oggi necessari a sostenere questa imponente opera di accoglienza e vicinanza, si faccia conto anzitutto sulla Provvidenza. E perché questa si manifesti, occorre sensibilizzare e attivarsi con credibilità. Per questo si va facendo ogni economia al fine di ricavare risorse ulteriori, si rifiniscono capitoli di spesa così da conseguire altri mezzi, per quanto residuali, ma pur sempre preziosi: nulla va preservato rispetto all’esigenza di rispondere positivamente a chi si attende un aiuto, consapevoli che «l’umile e concreto servizio che la Chiesa offre non vuole sostituire né, tantomeno, assopire la coscienza collettiva e civile. Le si affianca con spirito di sincera collaborazione, nella dovuta autonomia e nella piena coscienza della sussidiarietà» (Benedetto XVI, Discorso per il 40° di Caritas Italiana, 24 novembre 2011).
 
Ciò detto, bisogna pur ricordare che nell’arco di pochi anni le richieste sono aumentate di oltre l’80%, il che non può non sospingere ormai ad una “carità di popolo” che si faccia “carità di sistema”. Lo diciamo sottovoce per non aver l’aria di chi, per questo, ha da avanzare pretese. Non chiediamo privilegi, né che si chiuda un occhio su storture o manchevolezze. Sappiamo che il bene va fatto bene, senza ostentazioni o secondi fini, senza cercare alibi, auto-remunerazioni o auto-esenzioni, nell’umile esemplarità della propria esistenza e con la trasparenza delle opere. Ho già avuto modo di precisare che, per quanto concerne l’ICI, la Chiesa in Italia non chiede trattamenti particolari, ma semplicemente di aver applicate a sé, per gli immobili utilizzati per servizi, le norme che regolano il no profit. I Comuni vigilino, e noi per la nostra parte lo faremo: ci piacerebbe solo non si investissero tempo e risorse in polemiche che, se pur accettiamo in spirito di mortificazione, finiscono per far sorgere sospetti inutili e, in ultima istanza, infirmare il diritto dei poveri di potersi fidare di chi li aiuta. [...]

Per poter leggere l'intera prolusione del Cardinale Bagnasco si può scaricare il PDF allegato