Emergenza Alimentare Italia / Indagine Nielsen: il consumatore fa spesso la spesa ma compra meno

 

Italiani buongustai. Non c'è crisi che tenga, nonostante la contrazione dei consumi e anche se i prezzi dovessero aumentare, i connazionali non rinunciano alla buona tavola. Tagliano il superfluo: snack, ristoranti, piatti pronti, bibite gassate e poi anche lo shopping di abbigliamento, cinema e viaggi ma sulla freschezza e
la qualità dei cibi non si discute. Certo con i tempi che corrono (e l'indice di fiducia ai minimi storici, 41 contro i 71 punti di media europea) c'è attenzione al carrello. Ma la risposta degli italiani a un'eventuale spinta inflattiva è la rinuncia agli sprechi, almeno sull'alimentazione: si va a fare la spesa più spesso per avere cibo fresco ma si compra dimeno. E' la fotografia scattata dall'indagine Inflaction impact survey» che Nielsen ha condotto a livello mondiale nel primo semestre 2013 (29 mila gli intervistati online in 58 Paesi) con l'obiettivo di misurare il cambiamento del comportamento dei consumatori in uno scenario di aumenti di prezzo. L'istruzione non si tocca. Così come la salute.

L'Italia è l'unico paese insieme con la Spagna a voler tutelare l'educazione (il 40% non taglierebbe questa voce a fronte di una media europea al 31%). Gli italiani piuttosto vanno a caccia di offerte e promozioni anche se sono disposti a spendere qualcosa in più in caso di novità. Ma attenzione, sottolinea Antonella Atteno, ricercatrice di Nielsen Italia, «non basta che le aziende del made in Italy innovino, devono offrire un valore aggiunto che sia percepito e tangibile per un
consumatore sempre più preparato grazie anche a internet». E poi Paese che vai usanze che trovi: i tedeschi, costi quel che costi, non rinuncerebbero alla birra; gl'inglesi a internet e al cellulare. E se il 64% degli italiani, al pari della media europea, afferma che non sarebbe in grado di affrontare un aumento dei prezzi dei
generi alimentari, più ottimisti sono gli asiatici (40%). I più pessimisti: gli spagnoli (71%) e i francesi (76%).

 

Fonte: Corriere della Sera (10/10/13) - di Antonia Jacchia