Emergenza Alimentare Italia. Ma io che c’entro?

E’ vera emergenza alimentare in Italia. Per venire incontro a chi chiede aiuto, una parte sarebbe facilmente recuperabile dalla filiera agro-alimentare, ma occorrono risorse economiche per far sì che arrivi a chi ha bisogno. Dal Nord al Sud d’Italia, dal Friuli V.G. alla Sicilia si moltiplicano gli allarmi che le 15.000 strutture  caritative lanciano con forza. Gli sterili dati parlano di poveri: “altri", non più così lontani da noi però, estranei, invisibili, eccezioni. La povertà "alimentare" sempre più spesso ci è vicina: tocca il vicino di casa, l’amico, l’ex collega. Sono oltre 4.000.000 di persone in Italia: un milione in più rispetto al 2010 secondo Agea (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura).

 

La fine del PEAD (programma di aiuti UE per la sola povertà alimentare), decisa nel 2011 e in attuazione dalla fine del 2013, e l’attesa dell’approvazione del FEAD, nuovo programma di aiuto alla povertà che però ha un budget per l’Italia di un terzo rispetto al precedente, preoccupano enormemente le strutture caritative che temono concretamente di non poter più rispondere alle richieste di aiuto. I principali enti caritativi attivi In Italia (Fondazione Banco Alimentare Onlus, Caritas italiana, Comunità di Sant’Egidio,CRI, Federazione nazionale Società di San Vincenzo De Paoli, Sempre Insieme per la pace, Banco Opere di Carità, Banco Alimentare di Roma Onlus) da oltre un anno formulano proposte e attendono risposte ma gli interventi pubblici a contrasto della povertà alimentare vivono tempi lunghi e incerti.

L’emergenza alimentare in Italia è adesso.
Infatti, sempre secondo i dati Agea, lo stato di indigenza alimentare cresce: erano 3.686.942 al luglio 2012, sono 4.068.250 (genn.2013). E senza riguardo per l’età: 379.799 sono bambini tra 0 e 5 anni e over 65enni.
Un considerevole numero di persone, quindi, ha visto rapidamente cambiare la propria situazione economica scivolando in una condizione di povertà alimentare.

I numeri impressionanti potrebbero spingerci a pensare “ma io che c’entro?”. Noi c’entriamo, eccome. Anche se difficilmente facciamo parte dei macro processi produttivi ognuno di noi può fare qualcosa.

Ad esempio, sostenere la Rete Banco Alimentare che recupera il cibo ancora buono e lo ridistribuisce, gratuitamente, a 8.818 strutture caritative convenzionate che provvedono ai bisogni alimentari di 1 milione e 800mila persone significa attivarsi per offrire aiuto foriero anche di speranza per chi lo riceve. Perché insieme al bisogno primario del cibo ritrovi la dignità.

Tra gli appelli autorevoli la recente lettera che Mario Catania, ex ministro alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali , ha rivolto ai ministri Giovannini e De Girolamo per sollecitarli a varare tempestivi provvedimenti a sostegno delle persone povere del nostro Paese.
Anche il Papa in occasione dell’Udienza generale del 5 giugno scorso ha detto: “il consumismo ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale talvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben al di là dei meri parametri economici. Ricordiamo bene che il cibo che si butta via è come se fosse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame”.