Emergenza Alimentare Italia / Nella lotta alla povertà l'unione fa la forza

 

L'avvio nel 2014, in Italia, di un piano contro la povertà, di durata pluriennale, che contenga «indicazioni concrete affinché venga gradualmente introdotta una misura nazionale, rivolta a tutte le persone in povertà assoluta nel nostro Paese, che si basi su una logica non meramente assistenziale ma che sostenga un  atteggiamento attivo dei soggetti beneficiari dell'intervento». E quanto chiede al Governo l'«Alleanza contro la povertà in Italia», insieme di soggetti sociali che hanno deciso di unirsi per contribuire alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta.
Il nuovo organismo - presentato questa mattina a Roma nel corso di una conferenza stampa ha diffuso un documento nel quale, in otto punti, si elencano le caratteristiche che tale piano dovrebbe avere e dove si sottolinea tra l'altro la necessità di «impegnare da subito risorse adeguate a far partire il piano nazionale e non limitarsi al modesto finanziamento attualmente previsto nel disegno di legge di stabilità».

Dell'«Alleanza» fanno parte Associazioni cristiane lavoratori italiani (Acli), Caritas italiana, Azione cattolica italiana, Comunità di sant'Egidio, Movimento dei Focolari, Jesuit Social Network, Federazione nazionale Società di san Vincenzo de' Paoli, Anci, Action Aid, Cgil-Cisl-Uil, Cnca, Confcooperative, Conferenza delle regioni e delle province autonome, FioPsd, Fondazione banco alimentare, Forum nazionale del terzo settore, Lega delle autonomie, Save the Children. E' la prima volta che un così ampio numero di soggetti sociali, sindacali, del terzo settore e istituzionali dà vita a un sodalizio per promuovere politiche adeguate contro il dilagare della povertà assoluta: «Alleanza contro la povertà in Italia» nasce per fronteggiare la crisi ripartendo dai più bisognosi, dall'urgenza di «rispondere al diffondersi di questo grave fenomeno che negli ultimi anni ha visto raddoppiare le persone colpite», come si legge in un comunicato delle Acli. «Solo unendo le forze si può provare a cambiare qualcosa - si afferma - a cominciare da questa legge di stabilità che rappresenta il banco di prova della volontà politica di avviare sin dal prossimo anno un piano nazionale contro la povertà». Il nuovo organismo nasce da un'idea di Cristiano Gori, docente all'Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, promossa con il coordinamento politico-organizzativo delle Acli.
Nel documento vengono forniti dati assai preoccupanti. Nel 2012 l'8 per cento delle persone residenti in Italia viveva in povertà assoluta, mentre nel 2005 appresentavano "solo" il 4,1 per cento della popolazione; gli indigenti cioè nel giro di sette anni sono raddoppiati.
«Attenzione - si avverte - non si parla di impoverimento ma di povertà assoluta». Questo 8 per cento non si riferisce quindi al fenomeno di impoverimento che tocca una parte ben più ampia dei cittadini, costringendola a rinunciare ad alcuni consumi che desidererebbe permettersi, senza però impedire la fruizione dei beni e dei servizi essenziali. Si tratta piuttosto di «chi non raggiunge uno standard di vita minimamente accettabile calcolato dall'Istat e legato a un'alimentazione adeguata, a una situazione abitativa decente e ad altre spese basilari come quelle per la salute, i vestiti e i trasporti».

Anche dopo la fine della crisi economica - viene sottolineato l'Italia resterà più povera di prima, perché il nuovo fenomeno è strutturale e non si concentra più esclusivamente nel Meridione e tra le famiglie numerose ma «gli ultimi anni ne hanno visto l'incremento galoppante in segmenti della popolazione prima ritenuti immuni»: il Nord (dove i poveri assoluti sono aumentati dal 2,5 per cento del 2005 al 6,4 del 2012), e le famiglie con due figli (dal 4,7 al 10).
Di recente, un gruppo di esperti insediato presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha elaborato indicazioni per l'introduzione di una nuova misura di contrasto alla povertà, il Sia (Sostegno all'inclusione attiva), mentre le Associazioni cristiane lavoratori italiani e la Caritas italiana hanno presentato il progetto del Reddito d'inclusione sociale (Reis). Tenendo conto di queste iniziative, tutti gli aderenti all'«Alleanza» nei prossimi tre mesi svolgeranno insieme un lavoro di approfondimento del tema così da presentare una proposta organica di riforma a regime ampiamente condivisa. La richiesta è che il piano nazionale sia graduale e abbia un orizzonte definito, privilegi i più deboli, parta subito con i servizi, assicuri continuità, non scateni guerre tra poveri, goda di un finanziamento assicurato dallo Stato e valorizzi la partecipazione sociale. Sin dall'inizio, cioè dal 2014, la misura - si legge al quarto punto del documento - «dovrebbe costituire il diritto a una prestazione monetaria accompagnato dall'erogazione dei servizi necessari ad acquisire nuove competenze e/o organizzare diversamente la propria (servizi per l'impiego, contro il disagio psicologico e/o sociale per esigenze di cura e altro)». Si fa riferimento alle prestazioni nazionali sperimentali o una tantum già esistenti, che confluiranno progressivamente nella misura. Si dovranno seguire i principi del "dare prima a chi sta peggio" e della continuità, stando bene attenti a non recuperare le risorse necessarie sottraendole ad altre fasce deboli o a rischio povertà della popolazione. 

 

Fonte: L'Osservatore Romano (12/11/13)