Emergenza Alimentare Italia / Raddoppiati i poveri, 5 milioni

 

"Sulla base dei modelli previsivi a breve termine sviluppati dall'Istat, l'andamento trimestrale del pil italiano dovrebbe segnare nel terzo trimestre un calo, seppur limitato, seguito da una debole variazione positiva nel quarto trimestre". Lo afferma il presidente facente funzioni dell'Istat Antonio Golini durante un'audizione al Senato sulla legge di Stabilità sottolineando che il pil su base annua dovrebbe scendere dell'1,8%.

"A fine dell'anno avrebbe quindi termine la fase recessiva iniziata nel secondo trimetre del 2011" spiega. "L'andamento dell'attività economica prevista per l'anno in corso fornirebbe un impulso sostanzalmente nullo al 2014 per effetto el trascinamento. Rispetto alla previsione Istat dello scorso maggio, la previsione per il 2013 comporta una revisione al ribasso di 4 decimi di punto".

Con il rialzo dell'Iva l'aumento dei prezzi "acquisito a fine 2013 e trasferito al 2014 risulterebbe di 0,3 punti percentuali più elevato rispetto a una situazione di assenza di manovra", spiega inoltre Golini.

Secondo l'Istat la recessione ha determinato gravi conseguenze sulla diffusione e sull'intensità del disagio economico nel nostro Paese: dal 2007 al 2012 il numero di individui in povertà assoluta è raddoppiato (da 2,4 a 4,8 milioni). In particolare, nell'ultimo anno, l'aumento si estende anche a fasce di popolazione che, tradizionalmente, presentano una diffusione del fenomeno molto contenuta grazie al tipo di lavoro svolto e/o al secondo reddito del coniuge. Contestualmente, è ulteriormente peggiorato l'indicatore di grave deprivazione materiale che aveva mostrato un deterioramento già nel 2011 e che è raddoppiato nell'arco di due anni. Quasi la metà dei poveri assoluti (2 milioni 347 mila) risiede nel Mezzogiorno (erano 1 milione 828 mila nel 2011). Di questi oltre un milione (1,058) sono minori (erano 723 mila nel 2011) con un'incidenza salita in un anno dal 7 al 10,3 per cento.

Le difficoltà delle famiglie si riflettono anche nella composizione degli acquisti, che ha visto un incremento del peso dei prodotti di qualità e prezzo inferiori rispetto a quello del periodo pre-crisi. Sul fronte dei consumi "con riferimento alle componenti della domanda, negli ultimi due anni il maggiore contributo recessivo proviene dalla contrazione dei consumi delle famiglie, la cui caduta, iniziata nel primo trimestre del 2011, si è accentuata nel corso del 2012 ed è proseguita, con un ritmo solo in parte attenuato, nei primi due trimestri del 2013 (con cali congiunturali dell'ordine dello 0,5 per cento nei primi due trimestri)".

Su tale andamento ha influito il protrarsi della discesa del potere d'acquisto delle famiglie consumatrici, che nel secondo trimestre si è ridotto dello 0,7 per cento rispetto al trimestre precedente, portando a una flessione dell'1,7 per cento se confrontato con lo stesso periodo dell'anno precedente", spiega il presidente Istat.

"Va segnalato, che l'intensità e la durata della contrazione della capacità di spesa hanno spinto le famiglie a comportamenti improntati alla cautela. Ciò potrebbe indicare una correzione verso il basso delle valutazioni sul proprio reddito permanente: la propensione al risparmio ha segnato, dalla metà del 2012, una tendenza alla risalita, portandosi all'inizio di quest'anno al 9,3 per cento, un livello superiore di circa 1,5 punti percentuali rispetto alla media del 2012", aggiunge.

Secondo il presidente Istat, nel primo semestre 2013, il 17 per cento per cento delle famiglie (1,6 punti percentuali in più rispetto allo stesso periodo del 2012 e 4,9 punti percentuali in più dei primi sei mesi del 2011), dichiara di aver diminuito la quantità di generi alimentari acquistati e, contemporaneamente, di aver scelto prodotti di qualità inferiore. Un'evidenza simile si osserva nel caso dell'abbigliamento e delle calzature: la quota di famiglie, che ha limitato la quantità e la qualità dei prodotti acquistati sale dal 12,6 per cento del primo semestre 2011 al 18,3 per cento della prima metà del 2013.

Complessivamente, la quota di famiglie che ha ridotto qualità e/o quantità dei generi alimentari acquistati aumenta in misura consistente: dal 51,5 per cento del primo semestre 2011, al 65 per cento del primo semestre 2013 (77 per cento nel Mezzogiorno). Si tratta soprattutto di famiglie che diminuiscono la quantità di beni acquistati, ma una percentuale non trascurabile, e in deciso aumento, è anche quella di chi ne riduce anche la qualità.

 

Fonte: www.adnkronos.com