Giuseppe: “Mia madre mi ha insegnato la bellezza del donare”
Qui al Banco Alimentare della Sardegna, siamo una grande famiglia. È una bella sensazione arrivare la mattina presto: salutare tutti, bere un caffè e, spessissimo, mangiare in compagnia il cumbido (come si dice qua a Cagliari), il cibo che viene offerto agli altri per festeggiare un’occasione speciale. E di occasioni speciali ce ne sono sempre tante!
Ecco, Giuseppe è uno di noi, un volontario che dedica il proprio tempo al Banco Alimentare tre volte a settimana, impegnandosi a fare “quello che c’è da fare, quello che mi dicono di fare”.
Giuseppe, classe 1949, ha sempre collaborato con la Caritas parrocchiale di Selargius aiutandoli in ogni modo, comprese le pulizie: “il lavoro è sempre dignitoso, qualsiasi cosa tu faccia. Specialmente se lo fai per dare una mano agli altri”
È stata sua madre ad insegnargli la bellezza di saper donare. Lei è stata la sua figura di riferimento principale, il suo modello e il suo esempio: “Mia mamma mi ha sempre insegnato a dare quando posso farlo, che è più bello dare rispetto a ricevere. Mi sento più gratificato quando posso dare qualcosa agli altri, questo è importante per aiutare tutti e io lo faccio sempre volentieri.”
Ha iniziato a collaborare con il Banco Alimentare, coinvolto da un amico della sua parrocchia, con la Colletta Alimentare che si fa l’ultimo sabato di novembre nei supermercati. L’ha fatto per tanti anni fino a diventare Capo Gruppo.
Poi, quando è andato in pensione sette anni fa, il suo parroco gli ha detto che c’era bisogno di qualcuno che venisse regolarmente qui al Banco e ha dato immediatamente la sua disponibilità a fare il volontario a “tempo pieno”.
“Per me non è neanche faticoso perché sono abituato da sempre a lavorare, facevo il tecnico di radiologia e ho lavorato in Medicina Nucleare all’ospedale Brotzu di Cagliari per 32 anni. Questo, invece, è un lavoro completamente diverso. E infatti qualcuno di questi ragazzi che vengono qui mi chiedono: ma lei faceva il magazziniere? No, facevo tutt’altro, gli dico. Perché chiaramente quando si fa un lavoro si acquisisce sempre qualcosa e con una certa pratica diventi abbastanza svelto. Mi metto a lavorare di lena e fino a che non finisco non riesco a smettere. Sono fatto così”