La dignità e il coraggio di chi chiede aiuto
“Cosa devo fare? Ho una bambina di quattro anni e un bimbo di 5 mesi. Mio marito a causa del coronavirus non sta lavorando. Vi ringrazio se mi aiutate”. “Sono Marta vi chiedo aiuto per una nonnina di 89 anni rimasta sola con la sua badante. Vi prego aiutatela con qualche prodotto. Vi ringrazio di cuore e andrà tutto bene”.
Ci sono parole che non vengono dette in questi giorni così difficili. Messaggi come questi ne arrivano a centinaia, in tutta Italia. Bisogna leggerli per capire quanto questa emergenza stia scavando un solco profondo di bisogno e di solitudini. Ma le parole non dette spiegano molto di più dei numeri che vengono buttati lì nelle mille conferenze stampa che tanto dicono e nulla spiegano. Coraggio e dignità, ecco le parole non dette. Ci vuole coraggio per chiedere aiuto; lo si chiede per sé stessi, lo si chiede per gli altri. Lo si fa quasi sottovoce, con toni pacati, con una dignità che parrebbe quasi impossibile in una situazione come quella che stiamo vivendo. Coraggio e dignità, perché non si può fare altro. “Vi scrivo perché sono in una situazione critica. Siamo io e mia moglie. Da tre anni non riesco a trovare un lavoro stabile e mi sono sempre arrangiato con lavori saltuari. Mia moglie faceva le pulizie quando capitava. Siamo in condizioni pietose perché siamo rimasti con pochissimi soldi e per paura di restare senza non compriamo nulla da tempo. Riuscite ad aiutarci per favore?”.
Ai milioni di poveri che il Banco Alimentare attraverso centinaia di strutture caritative, riusciva ad assistere, se ne stanno aggiungendo altre migliaia e migliaia. Le nuove povertà sono quelle che sino a ieri erano sull’orlo del baratro e che oggi sono precipitate nella disperazione. Chi aveva lavori precari, chi campava a chiamata con lavori saltuari e sottopagati, o magari non viene pagato dalla propria azienda, oggi non ha nessuna rete di protezione. “Mi chiamo Luca. Sto passando un bruttissimo periodo di indebitamento, l’azienda dove lavoro non ha pagato lo stipendio. Chiedo solo un aiuto alimentare; non ho nessuno che mi aiuti, è la prima volta che chiedo aiuto ma in casa non ho nulla da mangiare. Se potete solo indicarmi a chi rivolgermi, ve ne sarò grato”.
Luca è la prima volta che chiede aiuto. Non recrimina, non inveisce, semplicemente chiede aiuto, con coraggio e dignità. Come tutti gli atri che ci scrivono in questi giorni. “Non possiamo mangiare. È umiliante dover parlare sempre di povertà e di aiuti, ma devo farlo, non tanto per me, quanto per i miei due figli. Se qualcuno ha la possibilità di poterci aiutare, gliene saremo grati”. C’è anche chi chiede aiuto non per sé stesso ma per altri. “Desidero segnalarvi una famiglia composta da mamma e due figli in gravi difficoltà economiche. La signora è senza lavoro ed è abbandonata a sé stessa. Se potete, aiutateli”. “Ho un’amica che abita nelle case del comune. Ha tre figli minorenni ed è da sola in cassa integrazione. A chi si può rivolgere per poter avere almeno qualche alimento?”. “Vi contatto a nome di undici famiglie. Ci troviamo in serie difficoltà; qualcuno è da mesi che non lavora, altri non hanno potuto iniziare a causa di questa emergenza. Non sappiamo a chi rivolgerci, chiediamo solo un piccolo aiuto alimentare, sperando che questa situazione finisca presto”.
Coraggio e dignità. Questo è il volto vero delle vecchie e nuove povertà. Insieme a quegli uomini e a quelle donne impariamo ogni giorno di più la bellezza del poter donare. Questo è il motivo per cui il Banco Alimentare non si è mai fermato e continuerà il suo cammino.
di Massimo Romanò