La dipendenza che fa bene
l primo sguardo che incontro, anche se per pochi attimi, entrando al Punto Carità de La Misericordia di Orta Nova, in provincia di Foggia, è quello di Habib. Uno sguardo che si abbassa subito, perché Habib è intento a sistemare confezioni di cibo in una scatola.
Mi avvicino e gli chiedo come si chiama. Il suo nome non è facile da scrivere e per non sbagliare gli dico di farmi un autografo. Mi guarda, sorride e scrive sul mio taccuino Arain Habib Ullah. Abbiamo rotto il ghiaccio.
Habib ha 26 anni ed è nato in Libia da genitori pakistani. Mi racconta del suo viaggio che lo ha portato a Lampedusa, poi da lì a Torino, Ivrea, Gorizia, fino ad arrivare in questo paese del Tavoliere di Puglia, dove ha ripreso a studiare, si è diplomato, è stato aiutato e ora contraccambia.
Mentre parla Habib continua a sistemare cibo nei cartoni, fa in fretta perché sono le 17 e, come ogni lunedì e mercoledì, alla Misericordia arrivano tante persone per ritirare gli alimenti. Alza lo sguardo solo per dirmi: “la Misericordia per me è una cosa grande”.
Lo è non solo per lui, ma per molte altre persone tra cui Noemi, responsabile del Punto Carità e vicegovernatrice della Misericordia che ha fatto di questo luogo la sua seconda casa, e per i tanti volontari che vedo all’opera. C’è chi sistema l’abbigliamento, chi pulisce il cortile perché ci saranno dei laboratori nei prossimi giorni, chi fa una pausa e approfitta per una partita a biliardino, chi accoglie le persone che arrivano per ritirare la spesa.
Donne, uomini, giovani, anziani, bambini. Tutti hanno una borsa vuota o un carrello, quasi tutti si fermano a chiacchierare con i volontari di turno e si scambiano sorrisi sinceri. Quello che più mi colpisce è di un bambino, colmo di felicità e gratitudine. Si spalanca quando una delle ragazze gli tende una busta. Riesco a intravedere il contenuto: caramelle gommose a forma di coccodrillo. Il bimbo tiene stretto quel sacchetto per tutto il tempo senza mai lasciarlo, neanche mentre aiuta la sua mamma a riempire la busta… Poi va via felice. Le consegne per oggi sono finite.
Ed è in quel momento che mi raggiunge Antonio, 31 anni, volontario alla Misericordia da quando ne aveva 24, e mi propone di visitare il resto della struttura. Proprio come si fa da noi al Sud quando un ospite arriva per la prima volta in casa.
Con orgoglio mi racconta la storia, le attività, gli aneddoti, i nomi delle persone che hanno contribuito a rendere possibile questo sogno. La Misericordia è attiva dal 1990 e offre tanti servizi alla comunità: dal trasporto dei disabili all’assistenza domiciliare, dal banco vestiario a quello farmaceutico, fino alla possibilità di chiedere in comodato d’uso ausili per persone con disabilità. E poi c’è il Punto Carità, attivo anche grazie alla convenzione con il Banco Alimentare della Daunia, una collaborazione ormai consolidata.
“Qui tutto viene fatto gratuitamente”, sottolinea Antonio e, sorridendo, aggiunge: “Quando si inizia non si smette più”.
Lo testimoniano anche Gaetano, segretario e coordinatore della Misericordia; Natalia, che continua a dare una mano pur avendo terminato da tempo il servizio civile; tanti altri di cui non ricordo il nome…
Tutti corrono qui appena possono perché hanno sviluppato una forte “dipendenza”. Una dipendenza positiva, che fa bene a sé stessi e agli altri.
Rientrando a casa insieme al rumore della pallina del biliardino nella sala dei volontari, continua a rimbalzarmi nella mente l’affermazione di Antonio: “Quando si inizia non si smette più”. Quella pallina durante il tempo della mia visita non si è mai fermata, proprio come tutti i volontari, i ragazzi e le ragazze del servizio civile, le mani di Habib, i pacchi che arrivano dal Banco Alimentare.
Un gioco di squadra che non si fermerà mai. Perché la loro è una dipendenza che fa bene.