La formula perfetta tra lavoro e volontariato: quando fare del bene diventa vita!

La storia di Alessandro

C’è una luce negli occhi di chi parla di “equilibrio” tra lavoro, fare del bene ed essere volontario… luce che diventa ancora più luminosa quando a parlare sono giovani che decidono di impiegare il loro tempo per dare e per darsi all’altro senza avere nulla in cambio.

È la stessa luce che si vede negli occhi di Alessandro, che fa parte del nostro staff, e che mentre parla con noi, si rivela poi in tutto il viso.

Alessandro oggi ha 26 anni, ma quando ha iniziato la sua attività da volontario ne aveva 14. «Ho iniziato un po’ per caso, quando una volontaria di una Colletta per l’infanzia che si stava organizzando nella chiesa di Paternò, mi chiese di partecipare»», ci racconta Alessandro. «Nella mia testa, però, non c’era spazio per questo. Non tenevo in considerazione il poter fare volontariato». Incitato dagli amici del gruppo Scout, però, decide di provare… «e una volta provato, non sono più riuscito a smettere», conclude sorridendo.

Poi, 3 anni fa, comincia a lavorare come magazziniere a Banco Alimentare della Sicilia: è come se il bene si volesse “rinnovare”, volesse rientrare un’altra volta, ma in forma diversa, nella vita di Alessandro. E infatti, lui ci spiega come «essere al servizio dei più fragili e lavorare anche per Banco Alimentare è, per me, la formula perfetta: riesco a lavorare, aiutando qualcuno. Questo permette di vivere il processo della costruzione del bene dall’inizio alla fine: ti fa essere completo. Il lavoro non resta semplice lavoro, ma si trasforma in fare un’attività che mi dia un senso. Grazie al lavoro al Banco Alimentare, so come recuperare, custodire e distribuire il cibo; e quando, anche da volontario, mi dedico alla distribuzione alimentare, sento di tessere un filo tra questi due mondi, filo che non si spezza e che collega, in modo perfetto, tutto il resto».

E mentre Alessandro ci racconta la sua storia, riflettiamo su quanto sia bello che un ragazzo così giovane dedichi lavoro ma anche il proprio tempo libero al servizio degli altri… e se, forse, il binomio tra giovani e volontariato non si stia oggi perdendo sempre di più?

«Forse quello che manca – aggiunge Alessandro – nelle generazioni contemporanee è quella voglia di fare senza un tornaconto. Io non faccio volontariato per un guadagno economico, è un guadagno emotivo; e non è solo un discorso di fede, è anche un discorso umano: sapere di poter essere utile a qualcosa e a qualcuno, di aver contribuito concretamente al benessere della persona… Mi riempie. Il tempo che investiamo per fare del bene è un valore. È esattamente come un investimento: dedichiamo tempo e traiamo felicità da ciò che abbiamo fatto».

C’è, infatti, un altro bisogno oltre a quello della fame. Alessandro ci tiene a ribadire come «le persone non hanno solo bisogno del pacco spesa, ma anche di quel “contorno” che è una parola di conforto, un sorriso, una battuta. Prima di iniziare la distribuzione in Parrocchia, dico sempre agli altri volontari: “Ricordatevi che di fronte abbiamo persone: chiedete come stanno, donate parole di conforto… perché oltre all’aiuto materiale, va donato anche un supporto emotivo e sociale. E c’è una dimostrazione che la persona deve ricevere: una dimostrazione d’affetto, di presenza, di interesse, di cura”».

Alessandro è la prova che il bene fatto non è mai abbastanza: poter essere utile, potersi dedicare all’altro, poter investire il proprio tempo per aiutare chi vive momenti difficili… non basta che tutto questo accada solo al lavoro, o solo durante il proprio tempo libero. C’è un’umanità che ci permea, che ci attraversa, che deve essere ascoltata, coltivata, curata. Un’umanità che può nascere in un punto solo della nostra vita, ma che deve poi potersi espandere ovunque, fino a riempire interamente e intensamente le nostre giornate. Chissà, se non sia quell’umanità scambiata con l’altro, a poter restituire quella luce negli occhi che ha chi parla di volontariato.

 

#Grazie Alessandro!