La sussidiarietà ora parla inglese
di Giorgio Vittadini (Il Sole 24 Ore)
Il concetto di Big Society, proposto come punto chiave dell'agenda del premier inglese David Cameron (si veda Il Sole 24 Ore dell'8 ottobre), è solo riducibile alla revisione in senso liberale di un modello economico o è anche una ridefinizione politico-filosofica dei rapporti tra individui, società e stato che implica una certa idea di uomo?
Nel discorso programmatico del 19 luglio a Liverpool Cameron afferma: «Si tratta di un grande cambiamento culturale, in cui le persone, nella vita di tutti i giorni, nelle loro case, nei quartieri, nei posti di lavoro, cessano di rivolgersi a funzionari, autorità locali o governi centrali per trovare le risposte ai problemi che incontrano, e sono invece abbastanza forti e libere da aiutare loro stesse e le loro comunità». Big Society vuol dire «comunità capaci di costruire nuovi edifici scolastici, dire servizi capaci di formare al lavoro, fondazioni che aiutano a riabilitarsi». Al centro della Big Society c'è quindi innanzitutto una certa idea di uomo e del valore della sua iniziativa (fondamento del principio di sussidiarietà). Un uomo concepito non come individuo isolato, ma come essere strutturalmente relazionale (accento che troviamo forte nell'enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI), e che realizza i suoi scopi mettendosi insieme ad altri uomini. (...)
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10/10/2010