Recuperare il cuore di ciò che facciamo

Quando ho cominciato questa avventura come volontario in Fondazione non avrei potuto certo immaginare di ritrovarmi addosso una responsabilità così grande, che certamente mi onora ma di fronte alla quale mi sento “piccolo, piccolo”. Il conforto, oltre che dalla presenza di Pierangelo Angelini come vice presidente e di un CDA ricco di amici con competenze ben superiori alle mie, viene dalla consapevolezza della presenza di collaboratori, Presidenti con i loro Direttivi, Direttori, dipendenti, volontari, tutti carichi di un entusiasmo e di un desiderio umano di condivisione del bisogno, che lascia sbalordito chi è capace di fermarsi un attimo e guardare l’essenza delle cose. E poi di tanti (privati, aziende partner, istituzioni, realtà associative e caritative, etc.)  “compagni di banco” – come ci siamo abituati a chiamarli in questi mesi di festeggiamenti per i trent’anni  della Fondazione - che collaborano direttamente all’attività del Banco o che sostengono comunque l’opera in mille modi diversi, “aiutando chi aiuta” e rendendo quindi possibile il nostro lavoro quotidiano.

Viviamo in un mondo in cui ormai tutti ci parlano di cosa occorre fare per l’inclusione, la sostenibilità, l’impatto, la tutela dell’ambiente, l’economia circolare. Gli organismi nazionali e internazionali promuovono azioni per sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi. Ebbene, mi è capitato tante volte di pensare che di fronte a questa mole di autorevoli interventi, ma soprattutto presi dalla routine e travolti dalle incombenze quotidiane, noi per primi rischiamo di smarrire il valore profondo di quello che facciamo. Per questo abbiamo bisogno di recuperare ogni volta una adeguata consapevolezza dell’incidenza non solo caritativa ma soprattutto sociale, educativa, culturale, di quanto ogni giorno facciamo. Di fronte ai giusti appelli al “ben operare” per salvaguardare il pianeta e il futuro dei nostri figli, noi ogni giorno già contribuiamo con la nostra azione al realizzarsi di questo rinnovamento del mondo da tutti auspicato.

Così come ci ha detto Papa Francesco durante l’incontro con i rappresentanti dei Banchi europei aderenti alla FEBA – Federazione Europea dei Banchi Alimentari:  “…E’ sempre facile dire degli altri, difficile invece dare agli altri, ma è questo  che conta. E voi vi mettete in gioco non a parole ma coi fatti, perché combattete lo spreco alimentare recuperando quello che andrebbe perduto…..fate come gli alberi che respirano inquinamento e distribuiscono ossigeno. E, come gli alberi, non trattenete l’ossigeno: lo distribuite!…”

Queste parole non possono non suscitare in noi un sussulto di consapevolezza, cioè di coscienza del valore profondo del nostro fare, dell’incidenza sociale della nostra azione.

“Quello che fate- ci ha detto ancora Papa Francesco- lancia un messaggio: non è cercando il vantaggio per sé che si costruisce il futuro: il progresso di tutti cresce accompagnando chi sta indietro. Di questo ha tanto bisogno l’economia”: Che richiamo potente a considerare la totalità dei fattori in gioco nel nostro fare.  Che descrizione efficace della realtà di tanti nostri Banchi, dove questa unità già si realizza e sperimenta. Che richiamo a vivere questo tra di noi nella Rete!

Innanzitutto credo noi dobbiamo recuperare questa profondità di ragioni, unica via, a parer mio, per consolidare l’opera che non ci appartiene ma alla quale, poco o tanto, noi tutti apparteniamo!

Buon lavoro a tutti!