Siticibo / Gli sprechi delle mense sulle tavole dei poveri

 

E' nelle difficoltà che si inventano spesso soluzioni vincenti. Sovvertendo abitudini consolidate, spingendo per correggere con il buonsenso l'ottusità della burocrazia. Nei giorni scorsi Francesco Cappelli, assessore comunale all'Educazione, ha raccontato che qui, nella nostra Milano, ci sono bambini che mangiano una volta sola al giorno e lo fanno nella mensa scolastica perché a casa, la sera, nessuno è in grado di garantir loro la cena.
I genitori non possono comprare pasta, carne e frutta.
Sono i segnali più toccanti di una crisi che continua ad avvolgerci.
Poi, arriva una ricerca di Nomisma, su scala nazionale.
E scopriamo che nella ristorazione collettiva sono 74mila le tonnellate di cibo che ogni anno finiscono nella spazzatura.
Restiamo a Milano. Ogni giorno Milano Ristorazione è costretta a buttare 8,6 tonnellate di cibo. Con grandi sforzi
dei dirigenti il risparmio è cresciuto in modo sensibile, rispetto al 2012 quasi una tonnellata al giorno. Ma non è questo il problema, sarà impossibile azzerare gli sprechi, nessuno può obbligare i bambini a mandar giù piatti che non piacciono o troppo abbondanti.
E lo stesso discorso vale per tutte le mense aziendali.
Perché bisognabuttare tutto questo cibo? Perché il cibo non toccato, rimasto intatto nelle teglie non può essere distribuito a chi ne ha bisogno?

C'è già  un accordo con il Banco Alimentare, che è riuscito a ottenere una legge ad hoc e che lo scorso anno con l'iniziativa Siticibo ha consegnato 281.612 porzioni di cibo cotto, 78 tonnellate di pane e 138 tonnellate di frutta. Ma si potrebbe andare oltre. Creare un sistema virtuoso di rimessa in circolo di un bene fondamentale e necessario. Ecco che cosa bisognerebbe fare in questo momento. Perché il Comune, massima istituzione cittadina, non lancia questa iniziativa, diventandone promotore e regista?
Milano è sempre stata tanti passi avanti nell'assistenza. Ne faccia un altro. Lascerebbe una traccia indelebile. E aiuterebbe nel modo più concreto possibile ragazzi che hanno tutto il diritto di vivere una vita migliore.

 

Fonte: La Repubblica (23/10/13)