Siticibo. Un milione di pasti contro la crisi

 

 
Oltre 1,3 milioni di porzioni di cibo cucinato, 576 mila chili di frutta e 540 mila di pane. Sono i numeri dell’attività di Siticibo, il programma della Fondazione Banco Alimentare Onlus (che opera in Italia con una rete di 21 organizzazioni regionali) lanciato nel dicembre del 2003 e capace di distribuire, grazie alla collaborazione con gli enti caritativi, sulle tavole delle famiglie in condizione di povertà 4,6 milioni di euro di corrispettivo in pasti cucinati e alimenti.

Parlare di povertà alimentare nel 2011 e in un Paese dell’Occidente del mondo può apparire fuori luogo. Ma molti osservatori autorevoli hanno fatto suonare il campanello d’allarme per quanto riguarda la capacità delle fasce economicamente più deboli di provvedere ai fabbisogni in tema di cibo. L’ultimo è stato l’Istat, che tracciando l’andamento dei consumi di luglio ha notato che le vendite dei prodotti alimentari sono calate del 2% rispetto al 2010 (del 4% se si guarda ai supermercati tradizionali con il Settore tenuto a galla dai discount). La Fondazione Banco Alimentare Onlus, nata nel 1989 dall’incontro del patron della Star, Danilo Fossati, con il fondatore del movimento Comunione e Liberazione, don Luigi Giussani, ha concentrato tin da subito la sua attività sulla raccolta delle eccedenze della filiera agroalimentare e la ridistribuzione a strutture caritative. «L’evoluzione del programma Siticibo, spiega Giuliana Malaguti, responsabile nazionale di Siticibo degli approvvigionamenti, «è nata grazie a uno spunto raccolto a New York».

Sulla base dell`esperienza americana un gruppo guidato dalla cofondatrice di Siticibo Cecilia Canepa, e dai giuristi Mario Ciaccia e Cesare Mirabelli è riuscito a ottenere una legge (la 155/2003, cosiddetta legge del Buon Samaritano) che consente alle Onlus che operano a fini di solidarietà sociale di recuperare il cibo già cucinato da] circuito della ristorazione organizzata (mense aziendali o scolastiche per esempio) e ridistribuirlo a persone indigenti  o a enti caritatevoli. «E’ stata una semplificazione normativa che non è andata a discapito della qualità, viste le procedure rigorose in materia di sicurezza alimentare che devono essere applicate da tutti gli operatori», aggiunge Malaguti.

Come opera Siticibo? Con una squadra di 171 volontari (per ora operativi in otto città, fulcro a Milano), Siticibo ha creato una rete di 234 mense ed esercizi commerciali donatori. Le porzioni non consumate nelle mense aziendali di Telecom, Pirelli, Edison e altre grandi società, oltre al pane e alla frutta non distribuiti nelle mense scolastiche, vengono stoccate dal personale delle società di ristorazione. Dopo un processo di abbattimento della temperatura, i volontari passano per il ritiro del cibo e pensano poi alla distribuzione a 126 strutture caritative beneficiarie. «Sono di differenti estrazioni», spiega ancora Malaguti, «si va dalle comunità residenziali di recupero alle classiche mense per le persone bisognose».

Negli ultimi anni, però, non sono mancate alcune tendenze particolari. Già dal 2007, anno di riferimento dello studio sulla povertà alimentare in Italia dei docenti universitari Luigi Campiglio e Giancarlo Rovati, il 4,4% delle famiglie italiane (più di 1 milione) si può definire alimentarmente povero (cioè la spesa alimentare e insufficiente in rapporto al costo del cibo nella regione di residenza). «Negli ultimi tempi abbiamo la percezione di un peggioramento, soprattutto per quanto riguardai pensionati, le famiglie con più di tre figli e i nuclei interessati da separazioni o divorzi», aggiunge Malaguti.

Nella sola Milano, 82 mila famiglie sono sotto la soglia di povertà relativa. Sul versante dei donatori, cioè delle mense che aderiscono al programma, gli interessi sono molteplici. «Senz’altro prevalgono gli aspetti educativo, sociale ed ecologico», ricorda Malaguti. Ma non sono da sottovalutare anche i benefici economici per le aziende donatrici. Godono infatti di un beneficio fiscale che permette loro di ottenere il rimborso dell’lva sulle quantità di prodotti donate, oltre a considerare il ritorno positivo in termini d’immagine e al risparmio dal punto di vista dello smaltimento di potenziali rifiuti.

Un progetto che funziona, dunque, su tutti i versanti. Ma, nonostante viva di una struttura molto leggera (nella sede principale di Milano ci sono tre impiegati per la gestione di 70 volontari e 60 strutture beneficiarie), anche Siticibo lancia il grido d’allarme di tutto il terzo settore: «A Milano ci bastano circa 90 mila euro all ’anno per lavorare, il 90% viene da donatori privati. Ma negli ultimi mesi l’incertezza economica si è ripercossa anche su questo aspetto». La tendenza a sostituire le donazioni con i «pagherò» è il timore più grande per continuare questa attività.

 

Fonte: Raffaele Ricciardi - MF Milano Finanza