Spreco alimentare e recupero delle eccedenze alimentari: intervista a Giulia Bartezzaghi
In occasione dell'International Day of Awareness of Food Loss and Waste, abbiamo intervistato Giulia Bartezzaghi, direttrice dell’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano. Ecco le nostre domande e le sua preziose risposte.
Il prossimo 29 settembre sarà la “1st International Day of Awareness of Food Loss and Waste (la prima Giornata Internazionale della consapevolezza sullo spreco e sulle perdite alimentari). Nel 2011 Politecnico di Milano ha dato un fondamentale contributo scientifico alla ricerca dal titolo “Dar da mangiare agli affamati” che ancora oggi rappresenta un pilastro per chi studia il fenomeno dello spreco alimentare e il recupero delle eccedenze. Quali sono i cambiamenti più significativi che avete rilevato sul tema in questo decennio?
Il paradosso tra spreco di cibo e povertà alimentare è una delle sfide “epocali” del settore agroalimentare, diventata oggi “ancora più drammatica” durante e dopo l’emergenza sanitaria Covid-19, dove è emersa ancor di più la centralità del settore agri-food per la sostenibilità globale. Dunque, il tema della lotta allo spreco è più che attuale e la soluzione travalica i confini della filiera e determinerà lo sviluppo della società.
Guardando all’ultimo decennio, grazie ad un quadro normativo favorevole e ad una graduale evoluzione nell’approccio delle imprese, sempre più consapevole e strategico, al tema della riduzione dello spreco di cibo e più in generale alla sostenibilità, si sono diffuse molteplici pratiche innovative per il recupero e la ridistribuzione delle eccedenze, in misura crescente abilitate dalle nuove tecnologie. Infatti, per rispondere alla sfida dello spreco alimentare stanno emergendo soluzioni tecnologiche e nuovi modelli di business di cui si fanno portatrici le giovani imprese o startup, che sono in grado di attrarre il riconoscimento degli investitori e del mercato, creando le condizioni per la propria replicabilità su vasta scala. Fin dalla prima Edizione della Ricerca (2017), l’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano conduce un censimento delle startup operanti nel settore agroalimentare a livello internazionale, che propongono soluzioni orientate alla sostenibilità. Durante la Terza Edizione 2019-20, sono state censite 1.158 startup agri-food, nate tra il 1/01/2015 e il 31/12/2019, che perseguono uno o più dei target di sostenibilità ambientale e inclusione sociale contenuti nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Di queste il 12% persegue il target 12.3 dell’Agenda, proponendo soluzioni che intervengono sulle cause di generazione delle eccedenze attraverso l’ottimizzazione della previsione della domanda, il monitoraggio dei prodotti e la risoluzione di problematiche gestionali, così come sull’ottimizzazione dei processi di gestione al fine di recuperare valore dalle eccedenze, creando nuove opportunità di mercato e/o favorendo la ridistribuzione a fini sociali, generando valore per la comunità.
In concomitanza con la diffusione di innovazioni per ridurre lo spreco di cibo, le imprese consolidate del settore si stanno adoperando per adottare un approccio sempre più circolare alla gestione del cibo, sia internamente che a livello di sistema. A questo scopo, implementano le diverse opzioni delineate dalla “Gerarchia di utilizzo delle eccedenze”, o Food Waste Hierarchy (FWH), a partire dalla prevenzione della creazione di eccedenze alimentari, al loro riutilizzo e ridistribuzione per il consumo umano, al loro riutilizzo per gli animali, fino al riciclo. Sulla base di un’indagine condotta dall’Osservatorio agli stadi di distribuzione e ristorazione collettiva*, risulta che la priorità a livello di gestione viene data al recupero e alla ridistribuzione per il consumo umano, che resta una delle pratiche maggiormente adottate dalle imprese di questi stadi. Scendendo lungo la Food Waste Hierarchy, rimangono tuttavia alcuni ambiti ancora poco esplorati, soprattutto per quanto riguarda il riciclo e il recupero energetico delle eccedenze, che trovano un forte interesse da parte degli attori ma diverse difficoltà di implementazione.
Oggi le aziende risultano spinte a intraprendere pratiche virtuose anti-spreco dalla forte volontà dei livelli strategici e dalle pressioni che opinione pubblica/media e altri stakeholder esercitano su di loro, vedendo quindi un miglioramento della propria immagine derivato da questo tipo di azioni. Considerando le barriere, non sembra esserci a oggi un problema di normativa, quanto più di sostenibilità economica delle iniziative e di strutturazione dei processi, specialmente quando si parla di integrazione di soluzioni più innovative. Inoltre, la collaborazione inter-settoriale si conferma uno strumento fondamentale per affrontare problemi di sostenibilità complessi e multidimensionali come l’insicurezza e lo spreco alimentare.
*L’indagine si è focalizzata sugli stadi di distribuzione e ristorazione collettiva. Sulla base delle evidenze scientifiche e le conoscenze acquisite durante le precedenti Edizioni di Ricerca, nel corso della Terza Edizione 2019-20, l’Osservatorio ha condotto una survey costituita da due questionari, uno per ciascuno dei due stadi sopra menzionati, con un ulteriore approfondimento tramite studi di caso. Per lo stadio di distribuzione il campione conta oltre 1.534 punti vendita e 28 centri di distribuzione (CeDi), corrispondenti al 20% del market share; per lo stadio di ristorazione collettiva copre il 34% del market share, contando 3.705 punti cottura con servizio ristoro (mense) e 80 punti cottura centralizzati (depositi e centri cottura).
Quali sono secondo la vostra esperienza gli asset che trasformano un progetto in best practice, nel recupero delle eccedenze?
Vi sono tre leve chiave che contribuiscono, congiuntamente, a rendere un’iniziativa di recupero e ridistribuzione delle eccedenze efficace e solida, anche di fronte all’insorgere di shock esterni, come l’emergenza che stiamo vivendo.
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Strutturazione dei processi di gestione delle eccedenze. Come evidenziato dai nostri studi precedenti e dalle analisi più recenti, l’efficacia del recupero è maggiore laddove si mettono in atto processi strutturati di gestione delle eccedenze. Il processo è definibile come ben strutturato se vi è un sistema di misurazione e monitoraggio delle eccedenze periodico e sistematico; se le attività di gestione delle eccedenze a livello aziendale sono formalizzate con una chiara allocazione di ruoli e responsabilità e meccanismi espliciti di coordinamento tra le diverse funzioni coinvolte nel processo; se vi è una gestione proattiva delle donazioni e accordi ben definiti con le organizzazioni non profit impegnate nel recupero.
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Orientamento all’innovazione e nuovi meccanismi di collaborazione. Come messo in luce in precedenza, la diffusione e l’accesso alle nuove tecnologie (digitali, ma anche nel food packaging) sono fattore chiave per l’ottimizzazione dei processi di recupero e ridistribuzione, la miglior conservazione, gestione e distribuzione dei prodotti alimentari, soprattutto quelli più deperibili, l’estensione e la replicabilità delle reti di recupero, la tracciabilità e la trasparenza della filiera, la promozione di azioni di sensibilizzazione e di informazione agli operatori del settore e ai consumatori finali. Tuttavia, la tecnologia di per sé non basta, deve essere ben integrata nei processi e coniugata con nuovi modelli organizzativi e nuovi meccanismi di collaborazione cross-settoriale, che mettano a sistema competenze e asset di attori pubblici e privati, profit e non profit. Solide partnership con un’estesa rete di donatori e beneficiari a livello locale per la creazione di massa critica, un chiaro allineamento sugli obiettivi e definizione dei ruoli, raccolta e condivisione dei dati, meccanismi di incentivo per gli attori coinvolti e condivisione delle risorse per minimizzare i costi del recupero sono i fattori chiave per rendere il sistema di aiuti alimentari più resiliente e sostenibile nel lungo periodo.
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Sviluppo continuo delle competenze. La capacità di creare e valorizzare le competenze necessarie per la gestione delle eccedenze, mettendo al centro il capitale umano, è un tassello indispensabile per implementare azioni efficaci di recupero e ridistribuzione delle eccedenze stesse. Occorre investire sulla formazione e sulla sensibilizzazione del personale delle aziende e delle organizzazioni non profit coinvolte nel recupero e nella ridistribuzione, e attrarre nuove competenze, anche alleandosi con nuovi attori, per rendere il sistema più flessibile e capace di innovarsi nel tempo, rispondendo alle nuove esigenze e prevenendo i rischi emergenti.
Quali sono a vostro avviso le leve più efficaci per far crescere la consapevolezza sul tema dello spreco e delle perdite alimentari a livello di decision makers nel nostro paese?
Ancora una volta, la collaborazione cross-settoriale è la parola chiave. Occorre affiancare le istituzioni pubbliche, ai diversi livelli, nell’individuazione dei bisogni, nell’analisi delle criticità e nello sviluppo delle soluzioni implementabili, in stretta collaborazione con il Terzo Settore e le imprese della filiera. Il coinvolgimento diretto dei decisori politici nella co-progettazione e nell’implementazione di un’iniziativa di recupero, che include la definizione di obbiettivi, ruoli e responsabilità dei diversi attori coinvolti, la condivisione di dati e know-how, è un passaggio fondamentale per accrescere la consapevolezza sul tema, adottare misure concrete e misurarne gli impatti, e quindi innovare e migliorare le politiche alimentari di lotta allo spreco e alla povertà alimentare. Come Osservatorio Food Sustainability, promuoviamo la diffusione delle buone pratiche e la conoscenza delle soluzioni innovative tra i diversi attori, contribuiamo allo sviluppo di nuovi modelli organizzativi e all’adozione di strumenti di raccolta di dati ed evidenze empiriche sugli impatti generati.
Infatti, la disponibilità e la tempestiva accessibilità ai dati sui flussi, sugli attori coinvolti nel sistema di distribuzione del cibo e sulle persone in difficoltà a livello locale, sono leve fondamentali per i decisori politici per una gestione efficace e una pronta riconfigurazione del sistema di aiuti alimentari anche in situazioni di emergenza.
In questa direzione, si citano due esempi paradigmatici, di carattere sperimentale. Il primo è il progetto “Hub di Quartiere contro lo Spreco Alimentare” a Milano, esempio virtuoso di collaborazione cross-settoriale per lo sviluppo di un modello operativo di recupero e ridistribuzione delle eccedenze alimentari appropriato al contesto urbano, estendibile e replicabile, che fa perno su una piattaforma logistica di stoccaggio e ridistribuzione degli alimenti e su una rete locale di attori pubblici e privati, profit e non profit. Il secondo esempio è l’iniziativa, unica nel suo genere, “RI-pescato” in Sicilia, finalizzata al recupero, alla lavorazione, alla conservazione del pesce confiscato e alla sua distribuzione agli enti caritativi, grazie all’alleanza tra Banco Alimentare e la sua rete, le autorità pubbliche competenti, gli attori privati come sostenitori dell’iniziativa e l’università come supporto scientifico.
Quali sono le prossime sfide che vedranno impegnato il Politecnico di Milano su questo tema?
L’Osservatorio Food Sustainability è nato nel 2017 con l’obiettivo di mappare e divulgare le best practice di riduzione dello spreco di cibo e promuovere modelli vincenti di collaborazione di filiera e cross-settoriale per la sostenibilità del sistema agroalimentare, sulla base e in continuità con l’intenso lavoro di ricerca condotto negli anni precedenti su questi temi. Dopo il Convegno finale della Terza Edizione svoltosi lo scorso giugno, l’Osservatorio riparte il 5 ottobre 2020 con un nuovo programma di ricerca e di eventi, coinvolgendo una rete di imprese e stakeholder rilevanti del settore, in prima battuta Banco Alimentare, che ci accompagna in questo percorso di ricerca da tanti anni.
Le prossime sfide che ci vedranno impegnati nell’ambito della lotta allo spreco di cibo sono molteplici, tra loro interconnesse:
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ampliare l’indagine sulle pratiche e sulle soluzioni più adottate per la prevenzione e la gestione delle eccedenze alimentari nei diversi stadi della filiera, individuando driver e barriere all’adozione e definendo criteri e leve decisionali a supporto delle imprese;
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individuare nuovi approcci e strumenti per la raccolta sistematica dei dati su eccedenze e sprechi lungo la filiera, superando il trade-off tra la onerosità e la complessità della raccolta e la solidità e la rappresentatività del dato;
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analizzare e sperimentare l’estensione e la replicabilità di circuiti virtuosi di recupero e ridistribuzione di eccedenze alimentari in ambito urbano, lavorando sull’ottimizzazione dei processi, sulla misurazione e sulla condivisione dei dati, sull’integrazione di nuove fonti di eccedenze per garantire un mix equilibrato di alimenti dal punto di vista nutrizionale, e sull’estensione della rete di enti beneficiari, massimizzando il valore sociale generato;
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mappare e analizzare le soluzioni innovative, tecnologiche e di packaging, per la prevenzione delle eccedenze, il loro riutilizzo e riciclo in ottica circolare. In particolare, guarderemo alle soluzioni di packaging “parlante”, ovvero quelle soluzioni di imballaggio ad uso alimentare che, grazie alle nuove tecnologie, sono in grado di raccogliere, tracciare e condividere dati e informazioni preziose agli attori della filiera e ai consumatori finali, al fine di prevenire la generazione di eccedenze e sprechi, incrementare la trasparenza della filiera e incentivare comportamenti responsabili.
Grazie di cuore a Giulia Bartezzaghi, Direttrice Osservatorio Food Sustainability!