Una responsabilità condivisa che vince la paura
È proprio vero che non c’è sfida che possa fermare il cuore, la passione per l’umano, il desiderio di guardare in faccia il bisogno e provare a rispondere. Nemmeno questa sfida drammatica, nemmeno l’immensa tragedia provocata da questa pandemia, ha fermato il cuore. Lo si capisce bene dal racconto di Giovanni Bruno, presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus. Ci siamo trovati tutti, e lui per primo, a dover reggere l’urto di una responsabilità faticosa e difficile. Lo era già prima di questa emergenza; la povertà stava già crescendo, aumentavano le famiglie che chiedevano aiuto alle tante strutture caritative a cui il Banco Alimentare offre il suo aiuto. Oggi tutto si sta moltiplicando e domani sarà ancora più drammatico. Ci sono sempre più bocche da sfamare, solitudini da riempire, persone da incontrare. Chi chiede cibo, chiede di più: chiede di non essere considerato un numero. Giovanni ha ben in mente tutto questo, lo sente tutti i giorni nei messaggi che arrivano, nelle decine di telefonate.
Nessuno di noi poteva nemmeno lontanamente pensare di trovarci immersi in una realtà così drammatica. Improvvisamente ci siamo trovati a dover affrontare una situazione completamente nuova. Molti sono stati presi da paura, da angoscia. Abbiamo dovuto reagire e accettare questa sfida. Come hai vissuto questo improvviso e drammatico cambiamento?
Mi sono sentito subito provocato ad una responsabilità nei confronti di tutta la realtà del Banco Alimentare a partire dai dipendenti e volontari della Fondazione. E ho subito condiviso questa responsabilità innanzitutto con il Vicepresidente e poi cercando il coinvolgimento poco alla volta di tutti gli altri presidenti dei 21 Banchi Alimentari. Certo non sono mancati via via, al precisarsi della gravità dell’evento, momenti di scoramento o timore anche proprio per la salute delle persone parte dell’avventura.
Basta guardare le pagine Facebook dei Banchi di tutta Italia per trovare immagini stupende di persone che non hanno maismesso neppure per un attimo di mettere in gioco il proprio cuore. Che esperienze raccogli in giro per il Paese. Ci sonoepisodi che ti hanno confortato in una situazione così drammatica?
Tanti episodi sia nei nostri Banchi sia delle realtà che ruotano attorno ai nostri Banchi. Grandi testimonianze di dedizione, di attaccamento al proprio compito che tante volte può sembrare così poco gratificante ma proprio la circostanza difficile ha fatto comprendere ancora di più le ragioni, lo scopo, il perché del nostro umile ma fondamentale e importantissimo lavoro di ogni giorno, costringendo tutti ad andare di più all’essenziale: eravamo e siamo chiamati, anche in questa congiuntura difficilissima, a consentire che le 7500 strutture caritative con noi accreditate potessero continuare a portare aiuto a chi era ancora più in difficoltà di prima: che responsabilità, che sfida affascinante!
Fin dall’inizio si è capito che questa emergenza avrebbe prodotto un aumento vertiginoso di nuove povertà. Persone che finoadunmesefa“tiravanoacampare”, oggi sono precipitate in un vortice di disperazione. Abbiamo letto centinaia di messaggi di famiglie che chiedono aiuto e lofannoconunadignitàeconuncoraggio che non può non commuovere.
Sì, è vero. Mai forse nella sua storia il Banco Alimentare, sia la Fondazione sia tutti i Banchi, hanno ricevuto tante chiamate direttamente da singole persone in difficoltà, persone per lo più smarrite e a disagio, dalle cui parole traspariva tutto l’imbarazzo del dover chiedere aiuto. Di colpo diventati nuovi poveri! Che ferita lasciano e hanno lasciato nel cuore queste situazioni. La collega che risponde al centralino in Fondazione mi ha raccontato anche di persone che chiedevano per altre, che segnalavano situazioni di bisogno perché gli interessati non avrebbero probabilmente mai chiesto direttamente per sé.
Qual è la situazione per Banco Alimentare? Sono tante le aziende piccole o grandi che non hanno smesso di donare i propri prodotti. Vecchi amici e nuovi compagni. Altri canali si sono spenti o hanno rallentato. Che bilancio ti senti di fare a questo punto?
Gli appelli sono stati raccolti da tantissime aziende, storiche relazioni si sono confermate e nuove ne sono nate: grazie a Dio (e non è un modo di dire) tanti hanno risposto con generosità all’appello aumentando le proprie donazioni o donando per la prima volta; insegne GDO si stanno mobilitando con raccolte di generi alimentari da far pervenire al Banco: quella realtà di “ponte” tra il mondo profit e non profit che ha da sempre caratterizzato il Banco Alimentare si è ancora una volta confermato come scelta provvidenziale. Ma le necessità sono cresciute a vista d’occhio: se fino ad un paio di settimane fa stimavamo un incremento medio di richieste del 20% con punte del 40%, ora siamo costretti a riconoscere che il circa 40% è diventato l’incremento da considerarsi medio, purtroppo. Significa l’essere passati da 1.5 mln di persone a oltre 2 mln di persone bisognose: un grandissimo sforzo per la rete di strutture caritative che facciamo il possibile per sostenere. Occorre però che le donazioni crescano e che arrivino in fretta i prodotti che noi chiamiamo “dell’Agea”.
Ci sono dati impressionanti. Se prima i poveri riconosciuti in Italia erano 5 milioni, dopo questa emergenza rischiano di diventare oltre 7 milioni. L’emergenza sanitaria si trasformerà non solo in una emergenza economica, ma anche in una vera e drammatica emergenza sociale. Banco Alimentare farà la sua parte, come altre organizzazioni. Ma tutto fa pensare purtroppo che da soli non ce la faremo. È giusto pensare che serva uno scatto deciso anche dello Stato, che le decisioni e gli stanziamenti decisi sino ad oggi non possano bastare?
I poveri temo potranno essere anche molti di più; spero ardentemente che le previsioni di tanti osservatori siano errate ed eccessive, ma comunque sarà molto facile andare vicini al raddoppio dei numeri attuali. È assolutamente necessario un forte impegno di tutti per fronteggiare quella che da molti viene definita forse la peggiore crisi economica e sociale mai vista per la diffusione all’intero pianeta. Del resto abbiamo sempre sostenuto, ed ora è sotto gli occhi di tutti, il fondamentale contributo all’inclusione che il cibo rappresenta per chi è in difficoltà.
Si sprecano molte parole in queste settimane. Molte frasi consolatorie che non cambiano la realtà delle cose. Ma nessuno dice che ci troveremo tutti di fronte ad un tessuto umano da ricostruire. I più deboli, usciranno da questa emergenza, ancora più deboli. Sarà la sfida dell’umano, prima ancora che la sfida dei numeri.
Dicevo prima che nessuno ce la potrà fare da solo, sarà una bella prova di maturità. Per la giornata mondiale dei poveri 2019 il Papa aveva detto: “...i poveri non sono numeri a cui appellarsi per vantare opere e progetti. I poveri sono persone a cui andare incontro...”. L’esame di maturità si centrerà proprio su questo: guardare alle persone, al loro bisogno e, insieme, tutti insieme, cercare di rispondervi, ognuno secondo le sue competenze, capacità e possibilità. E ci sarà bisogno non solo del terzo settore, che ha più volte dimostrato di essere capace, pronto e flessibile nel rispondere al bisogno che di volta in volta gli si para di fronte. Sarà fondamentale che il terzo settore sia messo nelle condizioni di poter operare al meglio con il sostegno soprattutto di uno Stato capace di valorizzare tutto il bene che la Società Civile e che nessun ufficio pubblico potrà mai realizzare: una trama di rapporti che salvano la società dalla disgregazione; la convivialità di un pasto condiviso è una prospettiva troppo lontana dalla realtà che ci impone ancora chissà fino a quando il distanziamento sociale. Consentimi un’ultima considerazione: sarà importante per noi continuare “ad esserci” e non far venir meno la tensione che per tutti noi non è dettata dall’emergenza, ma dalla consapevolezza che la dimensione della condivisione, della solidarietà e ancor più della carità, sono costitutive del nostro vivere quotidiano.