Approvato il ddl povertà
Via libera definitivo del Senato al disegno di legge delega per il contrasto della povertà che introduce il reddito di inclusione. L'Aula di Palazzo Madama ha approvato il ddl - che aveva ottenuto il disco verde della Camera a luglio scorso - con 138 sì, 71 no e 21 astenuti. Con il "sì" finale del Parlamento il testo diventa legge: la palla passa di nuovo al governo, con il ministro Giuliano Poletti che ha promesso tempi rapidi per l'unico decreto di attuazione necessario.
Il reddito di inclusione, figlio della sperimentazione regionale del Sia e prossimo strumento accentratore delle varie iniziative di lotta alla povertà, prevede una dotazione di 1,6 miliardi, che il ministro Poletti ha innalzato a quota 2 miliardi "considerando anche le risorse europee". Questi denari, prevede specificatamente la delega, dovranno esser distribuiti solo dopo la prova dei mezzi: l'Isee sarà necessario per accedere al supporto. Il ministro punta a raggiungere 400mila famiglie con figli minori a carico, che tradotti in persone significa 1,77 milioni di teste. Rispetto al Sia, l'assegno dovrebbe essere portato da 400 a 480 euro mensili, ed è probabile che vengano trasferiti ai destinatari in forma di carta prepagata. Nel solco del difficile rilancio delle politiche attive, chi riceverà il sostegno dovrà "sottoscrivere un patto con la comunità", che va dal buon comportamento civico all'accettazione delle proposte di lavoro che possono essere girate dagli sportelli regionali.
Poletti ha commentato il via libera del Senato come un "passo storico" verso l'introduzione di una misura universale che tenga conto della condizione di bisosgno economico e non dell'appartenenza a singoli categorie (anziani, disoccupati, genitori soli, ecc). Per Poletti "rappresenta il pilastro fondamentale del Piano nazionale per la lotta alla povertà e colma un vuoto annoso nel sistema italiano di protezione degli individui a basso reddito, che ci vedeva come l'unico Paese, insieme alla Grecia, privo di una misura strutturale di contrasto alla povertà. Il REI è il segno di un nuovo approccio alle politiche sociali, fondandosi sul principio dell'inclusione attiva, ovvero sul vincolo di affiancare al sussidio economico misure di accompagnamento capaci di promuovere il reinserimento nella società e nel mondo del lavoro di coloro che ne sono esclusi".
L'emergenza povertà. Ma quanti, in Italia, hanno effettivamente bisogno di un aiuto? I numeri dicono che questa card prepagata potrebbe essere ancora un rimedio limitato. Riferendo in Parlamento sui progetti di legge sul tema, il presidente dell'Istat - Giorgio Alleva - ha spiegato che nel 2015, "1 milione e 582 mila famiglie residenti in Italia (circa il 6% del totale) sono stimate in condizione di povertà assoluta attraverso l'indagine sulle spese per consumi: si tratta di 4 milioni e 598 mila individui, il 7,6% dell'intera popolazione". Sono cioè persone che spendono meno di quello che - secondo la statistica - è necessario per vivere con sufficiente agio. "Il fenomeno appare più diffuso nel Mezzogiorno, dove si stima essere in condizioni di povertà il 9,1% delle famiglie residenti nell'area (circa 744 mila famiglie). In queste famiglie vivono oltre 2 milioni di individui poveri: più del 45% del totale dei poveri assoluti in Italia", ha spiegato ancora Alleva. Ovviamente il tema dei minori che soffrono è centrale, tanto che il presidente dell'Istituto ha rilevato che "nonostante l'assegno per il nucleo familiare - concesso dai Comuni alle famiglie con tre o più figli minori - venga erogato a oltre 234 mila beneficiari, il 18,3% delle famiglie di questa tipologia (143 mila) continua ad essere in povertà assoluta, per un totale di quasi 183 mila minori". L'incidenza, invece, "scende sensibilmente nelle famiglie di e con anziani: la stima è del 3,4% tra le famiglie con almeno due anziani".
Al di là di questi dati, c'è un altro indicatore che amplia la platea di possibili bisognosi di un supporto al reddito. E' quello del "rischio di povertà o esclusione sociale", condizione che investe il 28,7 per cento della popolazione e che l'Istat ha aggiornato alla fine del 2016. Riassume quante persone si trovano in almeno una delle seguenti condizioni:
1. vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro;
2. vivono in famiglie a rischio di povertà;
3. vivono in famiglie in condizioni di grave deprivazione materiale.
Nel primo caso, si parla di nuclei nei quali il rapporto fra il numero totale di mesi lavorati dai componenti e il numero totale di mesi teoricamente disponibili per attività lavorative è inferiore a 0,20. Nel secondo, significa che in famiglia il reddito disponibile è sotto il 60% del livello mediano del reddito nazionale, ovvero quel valore che divide in due gruppi uguali gli italiani: nel 2015 la soglia di povertà (calcolata sui redditi 2014) era di 9.508 euro annui. Nel terzo caso si tratta invece di persone che presentano almeno quattro delle seguenti difficoltà: 1. essere in arretrato nel pagamento di bollette, affitto, mutuo o altri prestiti; 2. non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione; 3. non poter sostenere spese impreviste di 800 euro; 4. non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, cioè con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano; 5. non potersi permettere una settimana di vacanza all’anno lontano da casa; 6. non potersi permettere un televisore a colori; 7. non potersi permettere una lavatrice; 8. non potersi permettere un’automobile; 9. non potersi permettere un telefono.