Cibo, tonnellate gettate al vento. La Rete Banco Alimentare ne ha salvate 65mila ma non solo
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Fonte: Avvenire - Enrico Negrotti
Uno spreco enorme, che suona beffardo in un mondo dove 925 milioni di persone soffrono la fame, caratterizza la produzione di cibo. Lo certifica uno studio commissionato dalla Fao all`Istituto svedese per il cibo e la biotecnologia (Sik): vengono perse o sprecate ogni anno 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, circa un terzo di quanto viene prodotto ogni anno per il consumo umano. Frutta e verdura, insieme a radici e tuberi, sono gli alimenti che vengono sprecati maggiormente. Per quanto riguarda l’Italia, la stima di Coldiretti ammonta a 10 milioni di tonnellate di cibo perso ogni anno. Il che comporta una perdita economica pari a 37 miliardi di euro. Ma accanto allo spreco, ricorda la Fondazione Banco Alimentare, c è chi si occupa di recuperare cibo per gli indigenti: nel nostro Paese nel solo 2010 sono state raccolte 65mila tonnellate di cibo e quasi 36omila tonnellate dalla Federazione europea dei 240 banchi alimentari, distribuite poi a quasi 5 milioni di persone in stato di necessita.
La cifra complessiva che emerge dal rapporto commissionato dalla Fao («Global Food Losses and Food Waste», reperibile sul sito internet della Fao) si suddivide quasi equamente tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo (rispettivamente 670 e 630 milioni di tonnellate), ma se si guarda lo spreco pro capite, è nel Nord del mondo che si verifica la maggiore distruzione di cibo ancora perfettamente commestibile Infatti in Europa e in Nord America lo spreco da parte del consumatore è calcolato intorno ai 95-115 kg all'anno pro capite, mentre in Africa sub-sahariana e nel Sudest asiatico ammonta a soli 6-1l kg l`anno. Un altro dato fornisce la proporzione dello squilibrio: ogni anno i consumatori dei Paesi sviluppati sprecano 222 milioni di tonnellate di cibo, quasi la stessa quantità dell’intera produzione alimentare netta dell'Africa sub-sahariana (230 milioni di tonnellate).
Il rapporto, commissionato dalla Fao in occasione del congresso internazionale «Save the food!», in programma a Düsseldorf (Germania) i prossimi 16 e 17 maggio, distingue tra perdite alimentari e spreco di cibo. Le perdite alimentari sono più rilevanti nei Paesi in via di sviluppo a causa delle infrastrutture carenti, della scarsa tecnologia e della mancanza di investimenti nei sistemi agroalimentari. Lo spreco di cibo è invece più un problema dei Paesi industrializzati, assai spesso a livello di venditori e consumatori che gettano nella spazzatura cibo in perfette condizioni che si potrebbe benissimo mangiare.
Restano molto differenti anche le modalità della produzione e dello spreco. Infatti, indica lo studio Fao, la produzione alimentare totale pro capite destinata al consumo umano è calcolata nei Paesi ricchi intorno ai 900 kg l’anno, quasi il doppio dei 460 kg che vengono prodotti nei Paesi più poveri. Nei Paesi in via di sviluppo il 40% delle perdite avviene nella fase del dopo raccolto e nella lavorazione, mentre nei Paesi industrializzati più del 40% delle perdite avviene a livello di rivenditore e di consumatore. Il rapporto Fao offre anche una serie di suggerimenti pratici su come ridurre gli sprechi. I Paesi in via di sviluppo devono «rafforzare la filiera agro-alimentare assistendo i piccoli contadini a collegarsi direttamente con gli acquirenti, Il settore pubblico e privato dovrebbero investire di più nelle infrastrutture, nel trasporto, nella trasformazione e nell’imballaggio». Viceversa nei Paesi a medio e alto reddito le perdite alimentari derivano principalmente dal comportamento del consumatore e anche dalla mancanza di comunicazione tra i diversi settori della catena alimentare. Pertanto «soluzioni a livello dei produttori e delle industrie sarebbero marginali se i consumatori continuano a sprecare ai livelli attuali». E consigli per contrastare gli sprechi sono stati forniti anche da Coldiretti. Effettuare acquisti ridotti e ripetuti di prodotti ortofrutticoli, che con l’arrivo del caldo sono più a rischio spazzatura, verificando l’etichettatura e preferendo le produzioni e le varietà locali e di stagione. A casa conviene mantenere separati i prodotti, dividendo quelli che si consumeranno subito da quelli che si pensa di conservare. Infine piccoli accorgimenti possono essere seguiti anche in cucina, con piatti che recuperano gli avanzi.
Nel nostro Paese 65mila tonnellate l'anno recuperate e donate
Dal 1989 sono state salvate dallo spreco e distribuite ai poveri 800.000 tonnellate di cibo, solo in Italia dove gli alimenti raccolti sono stati 65.000 tonnellate solo nel 2010. In tutta Europa la Federazione europea dei Banchi Alimentari (240 banchi alimentari in tutto il continente) ha raccolto 359.960 tonnellate di cibo che è stato distribuito a 4.9 milioni di persone in stato di necessità con l’aiuto di 27,660 strutture caritative. Il cibo viene recuperato dall’industria agroalimentare, dalle eccedenze comunitarie, dalla Grande distribuzione, dai ristoranti, dalle mense scolastiche, ecc. La prima idea di sottrarre cibo allo spreco per donarlo ai bisognosi e di John Van Hengel che fondò la prima "Food Bank" nel 1967 ìn Arizona, con il nome di St. Marys Food Bank.
Così vengono salvati gli alimenti in eccesso della ristorazione
Il 16 luglio 2003 è entrata in vigore in Italia - primo tra i Paesi europei - la legge 155, detta del Buon Samaritano, premessa giuridica per recuperare le ingenti quantità di prodotti alimentari freschi e cucinati in eccesso nel settore della ristorazione organizzata (hotel, mense aziendali e ospedaliere, refettori scolastici, esercizi al dettaglio, etc.), I prodotti raccolti sono ottimi e perfettamente integri, eppure di norma smaltiti al pari dei rifiuti per il solo fatto di essere invenduti o non distribuiti a fine servizio, con gravi costi economici e sociali per la collettività intera.
Siticibo, servizio della Fondazione Banco Alimentare, oltre alle grosse quantità di alimenti recuperabili dal canale della ristorazione organizzata, provvede al crescente bisogno di aiuti alimentari da parte di enti caritativi che accolgono persone indigenti. Tra cui le mense per poveri, le case famiglia, le comunità residenziali per anziani indigenti o patologie cronicizzate, i centri di prima assistenza, gli enti di sostegno periodico alle famiglie,etc. ll servizio viene effettuato giornalmente da volontari che - trasferiscono le eccedenze laddove il bisogno è più urgente.