Donazioni un mare prezioso

Tante piccole gocce fanno un oceano e seppur restino gocce, senza di esse, l’oceano non esisterebbe.

Così è la forza dei donatori privati. Tante persone che si uniscono e creano quel mare prezioso a sostegno della mission di Banco Alimentare. Donazioni che rappresentano il 40% della necessità economica della nostra organizzazione.

“Il primo obiettivo è farci conoscere sempre di più e sempre meglio”, mi dice Davide Cerina, fundraiser, responsabile raccolta fondi in Fondazione Banco Alimentare (FBAO), “e raccontare a cosa servono le loro donazioni”. In un periodo storico in cui si moltiplicano le organizzazioni del Terzo Settore che bussano alle porte di casa con lettere e bollettini postali, riuscire ad essere trasparenti sullo scopo per cui si chiedono le donazioni, è fondamentale. 

Così come riuscire a fidelizzare i donatori. Come? “…a differenza di altre organizzazioni noi abbiamo una particolarità”, prosegue Davide, “raccogliamo cibo per chi si trova in difficoltà e allo stesso tempo impediamo che cibo buono vada sprecato. Ad uno scopo sociale aggiungiamo la cura del creato, in cui evitiamo che risorse preziose vadano disperse, perché il cibo è un dono!”.

“Quello che più ci colpisce”, aggiunge Marco Guagnini, fundraiser da molti anni in FBAO, “è quando le persone si aprono alla relazione con noi. Veniamo così a scoprire tantissime storie che sono una grande ricchezza dal punto di vista umano e che diventano una possibilità di nuovi rapporti anche per noi. C’è chi viene qui in ufficio, beviamo un caffè insieme e ci raccontiamo come va …così conosciamo un po’ di più chi ci sostiene e scopriamo quanta generosità esista attorno a noi”. 

Spesso, ad essere più generosi, sono proprio coloro che sono stati aiutati, che conoscono il bisogno e nella loro vita hanno attraversato le difficoltà. Molti hanno conosciuto la fame. Avere affrontato le difficoltà rende il cuore più disponibile ad aiutare chi si trova oggi nella stessa situazione. Tante persone che pur non vivendo nella ricchezza, rinunciano a qualcosa pur di farci arrivare la loro donazione. “È come se la generosità sia naturalmente presente nelle persone e che talvolta abbia bisogno di una spinta per uscire fuori e generare...”, aggiunge Marco. 

Dall’altra parte però ci sono tanti “NO”. I NO di chi non dona perché infastidito dalle continue richieste di aiuto che da più parti gli arrivano. Di chi non ce la fa. Di chi sceglie altro. 

E allora come si fa? Come si riparte da un “NO”?  

Sofia, fundraiser dedicata in particolare alle donazioni da privati, mi spiega che per raccogliere fondi bisogna chiedere. Insistere, bussare. Essere mossi dalla forza che ti dà chiedere “per altri”, per chi ha bisogno di alimenti, facendo capire che ogni aiuto è prezioso e ci sono tante persone che lo aspettano.   

Ma perché uno sceglie il Banco? Non è semplice rispondere. Da un lato potremmo dire perché siamo sul territorio da 35 anni e le nostre 22 sedi hanno le porte sempre aperte e pronte all’incontro.  

Dall’altro, dare cibo a chi non ne ha, tramite le organizzazioni partner territoriali, è un’azione immediata, concreta, vitale. Ci sono poi tanti che scelgono il Banco perché mossi dalla gratitudine per essere stati a loro volta aiutati. Capita che chi fa la donazione ci scriva. Riceviamo lettere cartacee, dal sapore antico, con calligrafie che rivelano la maturità dei loro autori. Apro una lettera bellissima che mi viene mostrata. “Vi invio la mia modesta donazione, spero che sia gradita e che possa in minima parte aiutare i bisognosi, ho poco, dono poco”. Oppure un’altra: “Le voglio dire che anch’io sono beneficiario del Banco Alimentare e che periodicamente un incaricato della Parrocchia viene a portare alla mia famiglia un pacco di alimenti che sono preziosi e indispensabili…”. Oppure il signor Giorgio che ci scrive che da quando è andato in pensione “…la mia situazione si è capovolta, e la pensione non basta più fronteggiare tutte le necessità, vorrei tanto fare di più ma sono costretto a non fare il passo più lungo della gamba”. Colpiscono tanto la prudenza, il garbo, la dignità gigantesca di chi, pur avendo poco, non rinuncia a sostenerci.  

Oppure il signor Gianpiero, a cui abbiamo scritto perché non lo sentivamo da un po’, che ci ha risposto che la sua latitanza non è stata un abbandono, ma che il suo contributo annuale continua ad arrivarci sotto il nome del figlio a cui lui, a Natale, destina una somma destinata alla beneficenza, “…per proseguire nella innata cultura oblativa della famiglia, alla quale provvedo per mantenere vivo nei figli il culto della carità generosa, al quale si è sempre indirizzato il nostro sforzo educativo”. 

Chapeau signor Gianpiero! Grazie a lei che ha educato i suoi figli al dono, che ha investito perché fosse parte della loro crescita, del loro diventare adulti. Un seme prezioso, il dono. Il seme dei piccoli miracoli che, goccia dopo goccia, i nostri donatori ci permettono di compiere.