Editoriale su Il Sussidiario
Lo scorso 8 febbraio sono state definitivamente approvate variazioni degli art. 9 e 41 che introducono nella nostra Carta Costituzionale la “tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni” (art. 9) e indicano come l’attività economica debba essere indirizzata a fini sociali “e ambientali” (art. 41). Amplissimo il consenso a questa modifica costituzionale, salutata come “epocale” e punto di non ritorno.
Queste modifiche sono giunte dopo due anni di pandemia la cui nascita e diffusione sono state messe in relazione anche con problematiche ambientali e con i cambiamenti climatici in atto. Tantissimi i richiami e le prese di posizione che hanno, in questi ultimi due anni, contribuito al crescere della sensibilità e al generale consenso attorno a queste tematiche. La pandemia però ha anche aggravato una crisi economico/sociale già in essere, ha generato tante nuove povertà e un diffuso disagio sociale nel quotidiano di molte persone e famiglie. L’aumento in corso delle tariffe e dei prezzi sta peraltro rischiando di frenare la ripresa economica e creando ulteriori pesanti disagi alle fasce più fragili.
La preoccupazione per l’ambiente è comunque così fortemente sentita che sembra quasi essere un bene da tutelare in sé, quasi a prescindere dal suo essere “casa” dell’uomo e per l’uomo.
“Non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri.” (49)
Questa sottolineatura di Papa Francesco nella “Laudato si’” mette il problema della tutela dell’ambiente, dell’ecologia in generale, in una prospettiva certamente più globale e corretta. Tutta l’enciclica del resto richiama con forza l’idea di una ecologia integrale, il legame stretto tra tutti i fattori in gioco, sollecitando un approccio complessivo e non parziale ai problemi e rappresenta un ulteriore richiamo all’operato di Banco Alimentare, da oltre trent’anni impegnato sul fronte della solidarietà sociale attraverso il recupero e la distribuzione gratuita di alimenti ad una rete capillare di 7.600 strutture caritative, arrivando così a oltre un milione settecentomila persone in difficoltà. Nello svolgimento di questa attività, si intrecciano numerose conseguenze e benefici direttamente connessi ai temi della tutela ambientale. Evitando, nel 2021, lo spreco di oltre 46mila tonnellate, Banco Alimentare è di fatto soggetto di economia circolare, di valorizzazione di risorse e generazione di nuovo valore economico, evitando l’emissione di 52mila tonnellate di CO2 equivalenti.
Ma in questa sua opera, e direttamente connessa alla sua finalità, Banco Alimentare favorisce anche la possibilità di fatti concreti di inclusione sociale e mostra come sia non solo possibile, ma necessario, che una organizzazione di terzo settore si muova il più possibile secondo logiche di efficienza operativa ed economica indirizzata a fini sociali e ambientali, in relazione con tutti gli altri soggetti in campo, del mondo profit e no profit. Così Banco Alimentare opera per consegnare alle generazioni future un mondo reso migliore per quella parte di responsabilità che gli è propria fin dalle sue origini
La visione unitaria richiamata dall’enciclica è perciò guida ogni giorno alla ricerca del bene comune, proprio nello specifico della nostra attività, sottolineando le diverse conseguenze e benefici che questa attività implica.
È necessario riflettere su questi richiami ad una visione integrale ed unitaria se vogliamo che la frase “nell’interesse delle future generazioni”, inserita in Costituzione, si traduca in autentica capacità di azione di tutti e di ciascuno e vinca le tante incapacità troppo spesso sperimentate: “…. questa incapacità di pensare seriamente alle future generazioni è legata alla nostra incapacità di ampliare l’orizzonte delle nostre preoccupazioni e pensare a quanti rimangono esclusi dallo sviluppo. (Laudato si’,162)