LA POVERTÀ SI TRAMANDA: È ALLARME MINORI
Dal 2014 al 2023 i nuclei indigenti nel Settentrione sono passati da 506mila a circa un milione. Lavoro povero e casa le nuove emergenze
C’è una questione “settentrionale”, con le famiglie indigenti raddoppiate al Nord dal 2014 al 2023. E c’è una questione “minori”, perché l’incidenza della povertà assoluta tra gli under 18 oggi è ai massimi storici, pari al 13,8%: il valore più alto della serie ricostruita da Istat (era 13,4% nel 2022). È doppio l’allarme lanciato dal 28° Rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale in Italia, presentato oggi in occasione della VIII Giornata mondiale dei poveri istituita da Papa Francesco, che analizza i dati statistici ufficiali affiancandovi l’osservatorio privilegiato di una realtà capillare, con i suoi 3.124 centri di ascolto e servizi informatizzati presenti in 206 diocesi di tutte le regioni italiane.
Don Pagniello: «Complessa rete di fragilità, famiglie più vulnerabili»
Le 196 pagine del testo, dal titolo “Fili d’erba nelle crepe. Risposte di speranza”, si aprono con l’introduzione di don Marco Pagniello, direttore Caritas, che avverte sul cambiamento di stato della povertà in Italia: «Non si tratta solo di marginalità economica, ma di una complessa rete di fragilità che coinvolge le famiglie, imprigionandole in una spirale di solitudine, disagio abitativo, precarietà lavorativa e povertà educativa». Eccoli, tutti i mali contemporanei sintetizzati insieme. Quelli che fanno delle coppie con figli le fasce più vulnerabili e delle storiche disuguaglianze abissi sempre più invalicabili.
Il crollo del tenore di vita
La lettura dei dati Istat fornita dalla Caritas aiuta a capire cosa è successo negli ultimi anni, dal 2015 al 2023. Da un lato gli indicatori europei segnalano un miglioramento del rischio povertà (nel 2023 affliggeva 13,391 milioni di italiani, il 22,8% della popolazione), della bassa intensità lavorativa (le famiglie dove i componenti lavorano meno di un quinto del loro tempo sono diminuite fino all’8,9% del totale) e della quota di persone in stato di grave deprivazione materiale e sociale (scese di 7,4 punti percentuali). Dall’altro lato, però, se si abbandonano i parametri europei costruiti sulla base del reddito e si abbracciano quelli tarati sui consumi, lo scenario cambia radicalmente: il tenore di vita si è abbassato moltissimo, con una spesa media familiare cresciuta di circa l’8% e una flessione della spesa reale, complice l’inflazione, del 10,5 per cento.
In povertà assoluta una persona su dieci
In altre parole, il potere di acquisto delle famiglie si riduce e sale la quota di persone che, pur spendendo di più, non riesce a soddisfare le proprie esigenze essenziali quotidiane. In povertà assoluta vive il 9,7% della popolazione: un italiano su dieci. In valore assoluto, si tratta di 5,694 milioni di persone per un totale di 2,217 milioni di famiglie. La crescita dal 2014 è stata praticamente ininterrotta, con il Nord che ha visto raddoppiare il numero di famiglie povere, passando da quasi 506mila nuclei a quasi un milione. Nel resto del Paese l’aumento è stato più contenuto: +28,5% al Centro, +12,1% nel Mezzogiorno, contro un dato nazionale trainato dal Settentrione di +42,8 per cento.
Al Nord quasi un milione di famiglie indigenti
Il risultato è che al Nord vivono 998mila famiglie indigenti, una cifra che supera quella di Sud e Isole (859mila). Pesa, secondo il rapporto, la maggior presenza di immigrati nel Settentrione, ma anche il minor impatto delle misure di contrasto alla povertà - come il reddito di cittadinanza in vigore dal 2019 al 2023 - che invece hanno insistito soprattutto al Sud senza tener conto delle differenze nel costo della vita.
Allarme minori, lo svantaggio è ormai endemico
Per i minori, «lo svantaggio - si legge nel documento - è da intendersi come ormai endemico, visto che da oltre un decennio la povertà tende ad aumentare proprio al diminuire dell’età». Più si è giovani, più cresce la probabilità di sperimentare condizione di bisogno. Quasi un indigente su quattro - 1,295 milioni - ha meno di 18 anni. Le famiglie in povertà assoluta dove sono presenti minori sono quasi 748mila, il 34% del totale di questa fascia. Non stupisce che i nuclei composti unicamente da stranieri siano i più poveri e che i figli comportino livelli di spesa di gran lunga inferiori alla soglia di povertà.
Lavoro, il nodo dei bassi salari e dei contratti meno tutelati
Continua a crescere «in modo preoccupante», rileva il rapporto, la povertà tra coloro che hanno un impiego. Il lavoro ha smesso di fare da scudo e tocca l’8% degli occupati (era il 7,7% nel 2022). Se si confronta l’incidenza della povertà tra operai e assimilati e disoccupati lo scarto è di soli 4 punti percentuali (16,5 versus 20,7%), sempre più sottile. Basta guardare al dato delle retribuzioni lorde annue per capire perché: tra il 2013 e il 2023 sono aumentate appena del 16%, contro una media europea del 30,8 per cento. Peggio ancora per i salari reali: l’Italia è l’unico, il Paese europeo dove risultano in calo dal 2013 (-4,5% il calo del potere d’acquisto delle retribuzioni lorde annue, a fronte del +3% della media Ue). Conta la «ridotta durata dei contratti» e la «diffusione di tipologie contrattuali meno tutelate, soprattutto tra donne, giovani e stranieri». La conclusione è sconfortante: «È come se l’occupazione nel nostro Paese si stesse polarizzando tra una fascia alta e garantita e una bassa poco tutelata, connotata da bassi salari, precarietà e part-time involontario».
Quasi 270mila persone aiutate dalla Caritas
Nel 2023, a fronte di 5,7 milioni di poveri assoluti, le persone sostenute dalla rete Caritas sono state 269.689 (si veda il report di giugno), che corrispondono circa al 12% dei nuclei in povertà assoluta stimati nel nostro Paese. Le richieste d’aiuto dal 2015 sono aumentate del 41,6%, in linea con la crescita dei poveri assoluti. E i territori che registrano l’incremento più cospicuo sono quelli di Sud e Isole (+53,3%) e, in linea con i dati richiamati sopra, del Nord Italia (+52,1%). Ci sono nuove povertà - osserva il rapporto - e povertà di ritorno. Povertà «intermittenti», discontinue, multidimensionali, «che possono dirsi correlate, appunto, a carriere occupazionali intermittenti, a relazioni fluide, così come instabili appaiono spesso anche le condizioni abitative e lo stato di salute».
Disagio psicologico aumentato in un anno del 15,2%
Preoccupa il disagio psicologico e psichiatrico in salita tra gli assistiti Caritas: dal 2022 al 2023 il numero di persone affette da depressione o malattie mentali è aumentato del 15,2 per cento. I senza fissa dimora sono il 19,2% dell’utenza complessiva: 34.554 assistiti nel 2023, contro i 27.877 del 2022. Gli anziani sono cresciuti dal 12,1% al 13,4%: si tratta di 35.875 over 65 supportati, a fronte dei 30.692 incontrati nel 2022.
Casa, 1,5 milioni di famiglie vive senza servizi
Oltre a dedicare un capitolo al pianeta carcere, dove si incoraggia l’applicazione delle misure di comunità, il rapporto dedica ampio spazio al tema casa. Rilevando l’assenza di un piano nazionale di rilancio delle politiche abitative, la Caritas ricorda che un milione e mezzo di famiglie vive in abitazioni sovraffollate, poco luminose e senza servizi come l’acqua corrente in bagno. Il 5% dei nuclei fa fatica a pagare le rate del mutuo o l’affitto e le bollette. Di questi, la maggior parte non ha una casa di proprietà. Presso i centri di Ascolto Caritas, la dimensione abitativa risulta il terzo tra i problemi riportati, coinvolgendo il 22,7% dell’utenza.
Funzionano le nuove misure contro la povertà?
Alla fine del rapporto, la Caritas analizza i nuovi strumenti che hanno sostituito il reddito di cittadinanza: l’assegno di inclusione e il supporto alla formazione lavoro. Il numero di famiglie raggiunte - evidenzia la ricerca - si è «ridotto della metà, lasciando senza supporto 331mila nuclei, molti dei quali sono residenti al Nord, vivono in affitto o sono nuclei monocomponenti, categorie escluse per via dei nuovi criteri in vigore». Esiste una clausola di accesso per chi è in “condizione di svantaggio” (come senza dimora o vittime di tratta), ma il numero di beneficiari rimane limitato a causa di iter burocratici lunghi e vincolanti. Anche per questo il suggerimento è quello di migliorare la copertura per garantire il supporto ai poveri esclusi, riequilibrare gli importi per compensare le aree del Paese in cui la povertà è in aumento (Centro e Nord), semplificare le procedure e ripristinare un sistema di supporto universale e continuativo «per una maggiore equità nel contrasto alla povertà». La raccomandazione è sempre la stessa: le misure di contrasto alla povertà non devono essere calate dall’alto, disegnate a tavolino. Devono «partire dai poveri».
Fonte: Il Sole 24 ORE